La Divina Commedia di Wolfango è un ‘cortometraggio’ su tempera

Nella cornice storica e architettonica dell’ex monastero dei monaci di Classe, oggi biblioteca Classense di Ravenna, è esposta al secondo piano una interessante mostra – “Il Dante di Wolfango” – che illustra la Divina Commedia attraverso tavole dipinte e disegni del pittore bolognese Wolfango Peretti Poggi, accanito conoscitore di Dante.

 

La professoressa Sebastiana Nobili, docente di Letteratura Italiana all’università di Ravenna, nonché curatrice dell’esposizione insieme alla professoressa Laura Pasquini e alla figlia del pittore Alighiera, ha descritto con grande attenzione e passione verso l’opera dantesca la collezione di tempere e disegni originali copiati dal vero, eseguiti dal pittore Wolfango. La narrazione parte dalla vicenda biografica del pittore, esponente della pittura iper-realistica del secondo Novecento, senza tuttavia godere di fama in vita, nonostante le sue numerose opere lasciate a Bologna, nella città natale, come sorprendenti nature morte scaturite da giganteschi cassetti e un imponente presepe in terracotta da palazzo d’Accursio, attualizzato, con esponenti musica e arte della sua terra e della letteratura come Dante qui esposto in una grottesca rappresentazione scultorea, sorretto dalla mano del gigante Anteo che lo deposita all’interno di esso.

 

La formazione del pittore nasce nei banchi di scuola, al liceo classico, con una notevole abilità per il disegno tanto da iscriversi all’Accademia, senza dimenticare i suoi studi letterari. Infatti quando lo zio Severo Pozzati, ritratto con il volto di Dante, gli chiede di illustrare la Divina Commedia di lusso per l’editore De Fonseca nel 1972, Wolfango riprende il suo studio di Dante con forte passione tanto da definirsi un commentatore per figura e non un mero illustratore. Il suo forte interesse per Dante è sancito anche dai suoi legami familiari tanto da chiamare la figlia Alighiera e raffigurare Beatrice con una modella d’eccezione, la moglie.

 

La mostra si apre con le tre tavole che descrivano la geografia delle tre cantiche, Inferno, Purgatorio e Paradiso. Le tavole esposte derivano da collezioni private o di famiglia, vendute dopo il fallimento della casa editrice e il rilevamento della nuova Rizzoli. La prima tavola che dà il logo alla mostra, ritrae le tre fiere del primo canto dell’Inferno che calpestano violentemente il globo della Chiesa, con la minuscola figura di Dante che scappa impaurito poi salvato dal vate Virgilio. Si tratta di una scena viva come un cortometraggio di un film.

 

Dal canto IV degli ignavi, nell’oscurità dello sfondo, emergono le figure di Pilato che si lava le mani e il Papa del rifiuto, Celestino V, costretti per contrappasso a seguire una bandiera che non li porta da nessuna parte. Il canto VI dei golosi è una raffigurazione prospettica dall’alto allungata della città di Firenze, anamorfosi, nella profezia di Ciacco, la brama smisurata di Bonifacio VIII con le

mani sulla città e Cerbero a tre teste. Il canto IX, sullo sfondo nero e limaccioso del fiume di sangue Flegetonte, il sabbione infernale dei sodomiti, si apre uno spiraglio di luce portato dall’angelo sulla città perduta di Dite, pervasa dalle mostruose Erinni.

 

Una piccola sezione rappresenta le illustrazioni filmiche con scrittura gotica sulle 500 similitudini della Commedia realizzate nel 2000 su carta pregiata Tintoretto con cannetta di bambù e inchiostro di mallo di noce prodotto dallo stesso pittore. Nel canto XIX dell’Inferno sono ritratti i Papi simoniaci sepolti con gambe a testa in giù e i piedi infuocati come Niccolò III circondato da minuti disegni di stile calligrafico. Altre tavole infernali ipocriti con Caifa, carceriere di Cristo crocifisso a terra, i ladri con la metamorfosi da uomo a serpente e viceversa per il loro dualismo in vita e Ulisse con la sua barca con la vela a occhio che sprofonda sotto le poderose colonne d’Ercole sospese.

 

Dal Purgatorio, dal canto degli artisti e dell’amicizia, emergono i superbi che portano i pesi pesanti come macigni; nel canto XII i bassorilievi fatti per terra della superbia punita dove Dio è artista nel plasmarli; il sogno di Dante della femmina balba che come sirena diventa una creatura mostruosa da cui il poeta lo sveglia; la prova del fuoco che Dante farà grazie alle parole della figura paterna e materna di Virgilio, per purificarsi e l’incontro nel Paradiso Terrestre con la bella Matelda, la dea Flora della Primavera o l’infera Proserpina, citando la locale pineta di Classe.

 

Nel Paradiso, l’artista usa tecniche miste come il collage salendo i gradini e trasumanando, si ha l’incontro con il crociato trisavolo Cacciaguida come spirito combattente per la fede, la luminosità della croce fluorescente di Cristo e si chiude con la visione di Dio nell’occhio di Dante con i tre cerchi della Trinità

MANUELA GUERRA

La sua formazione archeologica acquisita con gli studi universitari le ha permesso di cogliere l’arte nelle sue molteplici forme come creazione unica dello spirito umano. Nel 2005 ha conseguito l’abilitazione come guida turistica per la città di Ravenna. Con il conseguimento dell’abilitazione linguistica alla lingua spagnola nel 2009 ha organizzato tour per gruppi in lingua spagnola; altresì ha realizzato visite guidate legate a varie tematiche inerenti esposizioni temporanee di opere appartenenti a differenti generi artistici del territorio regionale. Recentemente il suo interesse per l’ambiente naturale, ecosistema ricco di biodiversità, le ha permesso di svolgere ricerche nel seguente ambito e l’ha portata a diventare nel 2022 guida ambientale-escursionistica regionale.

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