Brisighella, cittadina medioevale per eccellenza, si adagia su tre colli accomunati dalla presenza del gesso la cui formazione geologica risale all’età messiniana – circa 6 milioni di anni fa – quando si depositarono più strati di solfato di calcio in seguito a ripetute evaporazioni delle acque di un bacino marino chiuso.
Su uno di questi sorge la Torre dell’Orologio del XIX sec., posta su un fortilizio del 1290 fatto costruire dal marchese Maghinardo Pagani di Susinana, grande condottiero medievale. L’orologio ha la particolarità di muoversi su un meccanismo che conta solo sei ore per semplificarne la meccanica e contenere l’usura dei meccanismi.
Sul colle “Frisone” si trova la Rocca Manfrediana del XIV sec. con le sue torri: una più bassa, che serviva da baluardo difensivo e da alloggio per i soldati, l’altra, più alta, costruita dai veneziani tra il 1503 e il 1509, quando dominarono la città, contribuendo a fare di questa fortezza un’opera militare fra le più importanti in Romagna. La Rocca è sede del Museo l’Uomo e il Gesso, un percorso che attraversa la storia millenaria del rapporto dell’uomo con l’aspro paesaggio della Vena del Gesso.
Sul terzo colle, il “Cozzolo”, fu eretto un piccolo oratorio che venne in seguito abbattuto e nel 1758 venne realizzato l’attuale Santuario del Monticino in cui si venera un’antica immagine in cotto del 1626 che raffigura la Madonna con bambino. Nella parte absidale si possono ammirare affreschi ottocenteschi del pittore faentino Savino Lega. Sul retro del santuario, la cava da cui si estraeva il gesso è diventata un Museo Geologico all’aperto.
Dall’alto di questi colli, a guardia del fiume Lamone, si gode di uno splendido panorama su tutta la vallata dove l’occhio corre tra i vigneti e gli oliveti spingendosi fino ai comuni limitrofi. Qui passava in epoca romana la Faventina, una via di transito che assicurava la comunicazione tra Adriatico e Tirreno.
L’origine del nome della città, la cui attestazione nella forma attuale è del 1371, è alquanto controversa. Si suole farla derivare da brischella, diminutivo di brisca o bresca indicanti la natura gessosa dei colli circostanti, o da brìccica, a sua volta derivante da brék col senso di dirupo o ancora da brix, dal gallico briga, altura fortificata.
La storia di Brisighella è dunque antica, ma diviene illustre soprattutto nel 1413 quando fu il centro della contea Val di Lamone retta dai Manfredi di Faenza.
Al XIV sec. dovrebbe risalire la via del Borgo, conosciuta come via degli Asini che solevano percorrere questa strada sopraelevata, coperta da un porticato a bassi archi a tutto sesto, per andare dalle cave di gesso ai mercati faentini e toscani. Essendo le case addossate al dirupo, in funzione di baluardo, questa fu l’unica soluzione possibile quale via di accesso. Essa è la soglia di questo mondo lontano che rivive in un dedalo di viuzze acciottolate immergendo il visitatore in un’atmosfera d’altri tempi. Vagare senza meta lasciandosi trasportare dall’aria stessa che si respira, salire e scendere per i viottoli, perdersi per poi trovarsi dinnanzi alla Collegiata di San Michele Arcangelo, alle chiese di San Francesco e di Santa Croce, ai piccoli segreti che questa cittadina cela tra gli antri delle case, gli angoli, gli stretti passaggi è sicuramente il modo migliore per “assaporare” Brisighella.
Ancora più affascinante si rivela una visita di sera, magari di venerdì per approfittare anche del Mercatino dell’Antiquariato che si tiene da giugno fino a inizio settembre.
Appena fuori dall’antico borgo, sulla strada che conduce verso Firenze, si incontra la Chiesa di Santa Maria degli Angeli annessa al convento dei frati minori dell’Osservanza, che dalla sua fondazione nel 1518 è sempre stata un luogo di fede e devozione nel cuore della Valle del Lamone. La decorazione interna risale al periodo barocco e testimonia il ruolo di primaria importanza assunto dal convento dell’Osservanza nel corso del Seicento. Al centro del catino absidale è collocata la Madonna col bambino in trono, fra tre angeli e quattro santi, una pregevole pala con lunetta recante un’immagine del Padre Eterno, realizzata nel 1520 dal forlivese Marco Palmezzano, uno degli artisti più importanti del Rinascimento in Romagna.
Spingendosi poco più oltre si raggiunge la Pieve di San Giovanni in Ottavo detta del Tho, così denominata perché situata all’ottavo miglio della Faventina. Si tratta di una piccola chiesa a pianta basilicale con tre navate dell’VIII o IX sec., le cui origini si fanno risalire all’imperatrice Galla Placidia, dove trovare un ultimo luogo di pace prima di tornare alla caotica realtà.
Per chi volesse addentrarsi nella natura, a pochi chilometri si trova il Parco del Carnè dal caratteristico paesaggio carsico che si manifesta in numerose forme superficiali (doline, bolle di scollamento, campi solcati, erosioni a candela) e sotterranee (grotte, inghiottitoi, pozzi, risorgenti). Il Centro visite offre numerosi servizi con il Museo della Fauna, la capanna Scout, numerose aree pic-nic, le visite guidate e una rete di sentieri che si snodano nei boschi.
Diplomata Esperto in Relazioni Pubbliche presso l’Accademia di Comunicazione di Milano e Laureata in Sociologia con indirizzo in Comunicazione e Mass Media presso l’Università di Urbino, ha lavorato per importanti realtà nazionali e internazionali. Giornalista pubblicista, è anche guida turistica, accompagnatore turistico, interprete turistico e animatore turistico, Ha curato alcune pubblicazioni, tra cui Incontro a Dante – Percorsi guidati alla scoperta della Ravenna del Sommo Poeta, SBC Edizioni, 2020. Ama viaggiare, perché la cultura e l’arte arricchiscono lo spirito e aprono la mente, e mostrare Ravenna ai visitatori di ogni dove condividendo il suo sapere con entusiasmo e professionalità.
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