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Il primario Pietro Querzani: «Tutte le novità sulla SLA e sull’Unità di Neurologia ravennate»

Pietro Querzani, primario di Neurologia dell’ospedale S. Maria delle Croci di Ravenna, è tra i responsabili scientifici di “Avanti tutti assieme!”, la quarta edizione del convegno SLA/ALS Formazione e Informazione, in programma giovedì 15 dicembre dalle 8.30 alle 14 all’Hotel Cube di Ravenna. È lui a fare il punto su una malattia che affligge numerose persone con le loro famiglie e sulle novità dell’Unità di Neurologia ravennate che dirige dal 2016.Dottor Querzani, qual è l’importanza di questo convegno in termini di informazione?

«La presenza di due massimi esperti a livello europeo, la professoressa Jessica Mandrioli e il professor Andrea Calvo, che ci aggiorneranno in merito sia alla ricerca, con l’identificazione di sottotipi di SLA, sia ai farmaci, che pur lentamente e con molte difficoltà sono in fase di studio, malgrado la genesi della malattia sia ancora sconosciuta».

 

Cosa dire invece dal punto di vista formativo?

«Il convegno si rivolge principalmente a medici, infermieri, pazienti, care giver e associazioni, che vogliono saperne sempre di più sul tema. In particolare, durante il convegno, sarà presentato il PDTA, ossia il Programma Diagnostico Terapeutico Assistenziale rivolto al paziente con SLA che AUSL Romagna ha recentemente deliberato. Indicativo è il titolo scelto per la giornata, “Avanti tutti assieme!”: solo andando avanti insieme, coinvolgendo tutte le figure coinvolte, i risultati potranno arrivare».Quali sono i dati della malattia? La tendenza è verso l’aumento o la diminuzione dei casi?

«La SLA è una malattia rara con un’incidenza di mille nuovi casi all’anno in Italia, un dato in leggera crescita che potrebbe essere legato anche a diagnosi sempre più anticipate. Anche la prevalenza, intesa come numero di pazienti in un certo periodo, è in aumento: attualmente, se ne contano 3.700. A Ravenna, seguiamo 36 pazienti».[vc_single_image image=”31459″ img_size=”full”]Come ci si prende cura di questi pazienti a Ravenna?

«Ogni due mesi, si riunisce il team SLA che comprende neurologi, nutrizionisti, fisiatri, palliativisti e altre figure, sotto il coordinamento di una infermiera manager che smista le necessità espresse da pazienti e familiari».Qual è un aspetto da migliorare?

«Tutto è da migliorare e migliorabile. Ogni giorno, imparando anche dagli inevitabili errori o dalle inesattezze in cui si può incorrere, possiamo e dobbiamo imparare di più. Per troppo tempo abbiamo concentrato tutto sull’ospedale facendo muovere i pazienti, invece l’obiettivo dovrebbe essere l’ospedale di comunità, vicino al territorio, soprattutto per quanto riguarda la gestione delle cronicità. In particolare, per i pazienti affetti di SLA che certamente possiamo definire fragili, lo spostamento è sempre un rischio oltre che un evento destabilizzante. Quindi è il medico che dovrebbe andare a casa del paziente e non il contrario: è chiaro che questo impone sforzi organizzativi importanti ai quali tutti dobbiamo contribuire, oltre che un diverso approccio culturale alla malattia»A Ravenna, cosa si sta facendo in tale direzione?

«Per esempio, ora si parla tanto di telemedicina ma si ha difficoltà a passare dalle parole ai fatti: dall’inizio del 2021, abbiamo avviato un progetto sperimentale dedicato ai pazienti fragili in generale che consiste nell’invio a domicilio, a costo zero, di un tecnico di neuro fisiopatologia per eseguire un encefalogramma. Una volta effettuato l’esame, noi medici possiamo leggere i risultati da remoto e dare eventuali indicazioni. Questa è un esempio di telemedicina, o meglio di telediagnosi, per i nostri pazienti. Una soluzione per il paziente cronico e accuratamente selezionato che, in caso di peggioramento rilevato dal suo care giver, può evitare file al pronto soccorso».

 

Quali altre novità può segnalare per l’Unità di Neurologia ravennate?

«Ha debuttato da poco un Centro Sclerosi Multipla che comporta un bel miglioramento organizzativo. Seguiamo circa mille pazienti e, attualmente, abbiamo a disposizione diverse opzioni terapeutiche che si adattano alle diverse forme di malattia riuscendo a modificare il decorso della stessa. Ci sono tanti farmaci che vanno gestiti con attenzione caso per caso da personale infermieristico e medico dedicato. Un altro aspetto importante è la ricerca che possiamo intraprendere con una organizzazione così articolata tale da poterci considerare riferimento per tutta l’AUSL Romagna. Da non dimenticare inoltre che, dal 2018, siamo l’unico centro in Emilia Romagna a fare il trapianto di cellule staminali per pazienti selezionati con Sclerosi Multipla».

 

Guardando al futuro, quali altri obiettivi per la Neurologia?

«Intendiamo anzitutto proseguire nel trattamento dell’ictus cerebrale. Siamo arrivati a un buon livello, riducendo notevolmente i tempi, tant’è che abbiamo recentemente ricevuto un premio europeo per la tempistica con la quale riusciamo a trattare i pazienti con ictus cerebrale. Come si sa, l’ictus è una malattia tempo-dipendente: prima si interviene, e meglio è. Abbiamo modificato il percorso di presa in carico, che non inizia più all’arrivo del paziente in reparto ma direttamente in pronto soccorso e prosegue in TAC dove iniziamo già a fare il primo trattamento endovenoso (trombolisi endovenosa). Ottima e consolidata è poi la collaborazione con l’ospedale di Cesena dove il paziente può essere immediatamente trasferito per il trattamento endovascolare».

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