Alle 17 il reading di Boris Chersonskij si intitola «non c’è bisogno di Virgilio per mostrare al forestiero l’inferno», uno dei moltissimi versi che il poeta ha dedicato alla nostra penisola, già visitata nel 2008 grazie alla Fondazione Brodskij (la stessa che quest’anno ha reso possibile il suo arrivo in Italia, dopo che il conflitto in corso l’ha costretto a lasciare Odessa, nella cui Università ha la cattedra di Psicologia analitica). Nel corso del proprio soggiorno italiano, Chersonskij ha scritto circa sessanta poesie, una al giorno, un diario in versi in cui racconta la penisola e soprattutto la città che è diventata per lui un’ossessione (“scacciatemi, […] fino alla città di Roma, alla cara Italia”), finendo per rappresentare un’altra patria, intellettuale e culturale. In questa Roma la topografia è quella dei mercati, dei parchi cittadini, delle strade, disegnata con un lessico che spazia dal sacro al popolare, in un peregrinare segnato dalla nostalgia per un mondo migliore. Lo accompagna, come traduttore, lo slavista Marco Sabbatini dell’Università di Pisa.
A seguire Roberto Rea, docente di Filologia della letteratura italiana presso l’Università Tor Vergata di Roma, è affiancato dalle letture di Vincenzo De Angelis nel presentarci…un amico-avversario di Dante. Rea – la cui attività di edizione e interpretazione spazia dalla lirica stilnovista e dantesca a Leopardi, Montale, l’ecologia della letteratura – dedica infatti l’incontro a Guido Cavalcanti, per l’appunto «il primo de li miei amici», come Dante lo definì nella Vita nuova che gli dedicò. A unirli fu un intenso sodalizio umano e letterario, a cui seguì una decisa frattura politica e poetica; sul rapporto fra i due molto è stato scritto, ma Rea porta nuove analisi e una più precisa interpretazione del “dissidio”, la cui eco risuona nel X canto dell’Inferno, quando Dante ne incontra il padre Cavalcante de’ Cavalcanti, condannato tra gli epicurei.
Alle 21 l’appuntamento è con «Dulcissimum hydromellum» di Virginio Gazzolo, che ritorna a Ravenna per mettersi felicemente alla prova con le originalissime tesi che Dante mise in campo a favore della lingua volgare nel De vulgari eloquentia. Una rilettura d’attore di quella “pantera dall’alito profumato” che a inizio Trecento si aggirava per tutte le nostre regioni ma in nessuna faceva la propria tana – la lingua italiana, come Dante la descrive nel suo incompiuto trattato. Il testo procede da un’analisi, per il tempo assolutamente innovativa, dei dialetti italiani, alla ricerca del dialetto più gentile ed efficace che possa prevalere sugli altri e unificare il parlare della penisola; una lingua di cultura che sappia mettersi alla pari con il latino, al tempo unico e assoluto protagonista della letteratura, della filosofia, delle scienze. E quale migliore trappola per la sfuggente pantera che quella della poesia? A curare la “postfazione” allo spettacolo sarà lo stesso Domenico De Martino, direttore artistico di Dante2021+1.
Il festival continua venerdì 16 settembre: alle 21, nella Basilica di S. Francesco, Mimmo Paladino presenta il progetto per il nuovo portale di S. Francesco, con la regia visiva di Cesare Accetta, le letture di Ginestra Paladino e lo straordinario violoncello di Francesco Dillon.
Info e programma dettagliato: www.dante2021.it
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