Giuseppe Giacobazzi: “Non sono un comico da battuta o da tormentone, ma un raccontatore”

Giacobazzi si svela a Più Notizie. La sua carriera da Zelig a Summertime. La sua comicità e il rapporto con la Romagna

Andrea Sasdelli, conosciuto sulle scene con il nome di Giuseppe Giacobazzi, ha conquistato il pubblico con il suo personaggio tipicamente romagnolo. Nato ad Alfonsine e trasferitosi successivamente a Bologna, inizia la sua esperienza in una piccola radio, prima tappa di una scalata al successo che lo condurrà al palco di “Zelig” e a una ricca esperienza sui palchi Italiani. Nel 2020 conquista anche gli schermi come attore nella serie tv “Summertime”, con la sua risata e quel caldo e allegro modo di fare romagnolo che da sempre lo contraddistingue.

Sasdelli, cosa o chi l’ha spinta a iniziare una carriera nel mondo comico? 

«Tutta colpa di un mio amico! Il mio amico, mentore e maestro Duilio Pizzocchi (pseudonimo di Maurizio Pagliari, ndr). Non me lo sarei mai sognato. Nel lontano 1984 cominciai a trasmettere in una piccola radio di un paesino della Romagna, abitavo già a Bologna, e cominciammo a fare qualcosa in radio insieme. Lui ebbe l’idea di coinvolgere i suoi amici, poi anche in tv, e pensò di realizzare la parodia del “Maurizio Costanzo Show”. Ero terrorizzato, ma una volta sul palco ho scoperto che poteva funzionare. Tutto è cominciato per scommessa e poi non siamo più scesi dal palco. Aveva ragione lui». 

Che rapporto ha Andrea Sasdelli con il suo alias Giuseppe Giacobazzi? 

«Adesso è un buon rapporto. Abbiamo anche litigato tanto. Per Giuseppe Giacobazzi stare in giro e fare serate a profusione era fondamentale, per Andrea Sasdelli con la famiglia a casa no. Ho dovuto fare una scelta a un certo punto e credo di aver trovato, per fortuna, il connubio ideale. Ho detto molti no, ma adesso abbiamo fatto pace sia io con Giuseppe che Giuseppe con il resto della famiglia».

Come ha vissuto il periodo del Covid? 

«Ѐ stato terribile. Ero in tournée in quel periodo, l’ultimo spettacolo è stato a Bolzano il 23 febbraio. Tornando a casa c’erano già le prime restrizioni, il 6 marzo è stato chiuso tutto. C’erano più di 40 spettacoli da recuperare, con biglietti venduti in tutta Italia, si pensava a un periodo breve, una soluzione rapida, poi invece è stato delirante. In quel periodo ero alla mercè della triade: mia madre, mia moglie e mia figlia. Ho fatto di tutto tranne che l’artista, facevo la spesa, ho messo a posto la mansarda, la cantina, ho imparato a cucinare». 

Come è stato il ritorno sul palco dopo questo difficile periodo? 

«La prima data che ho fatto dopo il Covid era a Brescia, devo ammettere che un applauso da brividi così non lo avevo mai sentito. Quando si sono aperte le tende del sipario ci siamo applauditi reciprocamente, tanta era la voglia di ripartire e di ritrovarci». 

Rispetto ai suoi inizi, crede che adesso sia più difficile intraprendere la carriera di comico? 

«Credo sia più difficile iniziare. Ci sono sempre meno locali che danno l’opportunità di imparare ed esibirsi. Quando ho iniziato all’inizio degli anni ’90 c’erano tantissimi locali che offrivano una paga, e che davano la possibilità di incontrare pubblici diversi e fare esperienza insieme ad altri. Ora si fanno gli ‘Open mic’, ma sono pochi e il più delle volte sono gratis, e l’artista deve coprirsi tutte le spese.».

Crede che la comicità sia cambiata? 

«Sì, molto. Siamo passati dal tormentone alla censura, dall’altra parte c’è la comicità inglese, definitaStand Up comedy, un po’ più volgare e difficile da far piacere al pubblico Italiano. Oggi non si può più dire quasi niente. L’ultima volta a “Zelig” mi censurarono la parola ‘prostata’ perché non era il caso. Anche i social hanno massacrato tutto, per qualunque cosa arrivano orde di associazioni che limitano terribilmente il lavoro di un comico».

Cosa ne pensa dell’uso dei social per fare comicità?   

«In molti durante il Covid hanno sfruttato i social per continuare a lavorare. Lo hanno chiesto anche a me, ma ho preferito restare fermo, perché è più forte di me: io non riesco a fare uno spettacolo senza un pubblico davanti, e un riscontro oggettivo su quello che sto facendo, per cui online farei delle robe orrende». 

Come definirebbe il suo stile comico?

«Sono sempre stato una via di mezzo. Non sono un comico da battuta o da tormentone, ma un raccontatore, che poi i miei racconti siano ironici quello è un altro discorso. Racconto la mia vita che, non essendo diversa da quella degli altri, fa ridere perché la gente ci si riconosce». 

Lei spesso realizza spettacoli con altri colleghi, i famosi “Giacobazzi & Friends”: che rapporto ha con loro? 

«Bellissimo. Vado a vedere i loro spettacoli ogni volta che posso, loro vengono a vedere i miei, c’è un bello scambio. Sono molto legato ad alcuni di loro come Maurizio Lastrico e Antonio Ornano, che ho portato a battesimo. Erano stupiti del fatto che qualcuno con un minimo di notorietà in più dava loro attenzione, ma quando loro arrivarono a “Zelig” mi piacquero immediatamente. Poi ci sono amici come Brignano e molti altri. Non ho mai litigato con nessuno». 

Lei è il volto noto e tipicamente romagnolo della serie “Summertime”. Come si è trovato nei panni di Loris? 

«Meravigliosamente bene. Per un certo periodo in cui ci vedevamo molto spesso con Giovanni (Giovanni Maini che interpreta il figlio di Loris, Edo, ndr), pensavamo di essere veramente padre e figlio. Siamo stati benissimo, un grande cast di persone molto semplici e umili. Con Marina (Marina Massironi che interpreta Wanda, la fidanzata e moglie di Loris, ndr), è stato bellissimo, finalmente avevo anche io una moglie. Poi la troupe, devo fare veramente i complimenti a tutti, ci siamo divertiti ed emozionati, in certi momenti l’emozione era palpabile. In più di una scena con Edo abbiamo sentito un carico emotivo molto forte. Alla fine, ci abbracciavamo esausti mentalmente ma felici. Certe scene sono state faticose, ma ne sono molto contento». 

Quale è il suo rapporto con la Romagna? 

«Lo definirei carnale e viscerale. Sotto Roma mi sento napoletano, perché sono campanilista, solo io posso parlare male della Romagna, non sopporto chi ne parla male senza viverci, io posso dire i pregi e difetti della Romagna, e sono assolutamente innamorato dei miei confini. I miei amici napoletani mi chiamano “il terrone del nord”, siamo assolutamente simili». 

Quali sono i suoi progetti per il prossimo futuro? 

«Debutteremo a teatro a gennaio con il nuovo spettacolo che si intitola “Il Pedone”. Siamo già in trepidazione, nella preparazione di uno spettacolo si ha sempre paura di fallire. Per quanto riguarda i progetti televisivi, il 28 settembre andrà in onda “Giacobazzi gran varietà”, una serata registrata per la tv nella quale mi esibisco in smoking con ospiti farlocchi, amici ritrovati e alcuni ospiti reali per un piccolo dialogo, come ad esempio Maria Pia Timo e Andrea Dovizioso. A questi progetti si aggiungono cinque puntate di “Only Fun” presentato da Elettra Lamborghini e i Pampers, in onda sul 9. Poi tanto per non rimanere senza nulla da fare, il 26 ottobre partirò con tre serate che potrebbero diventare cinque al Teatro Celebrazioni di Bologna: “Osteria Giacobazzi” con Andrea Vasumi. Avremo vari ospiti, comici, artisti e musicisti e inviteremo sul palco anche qualcuno del pubblico. Questo è tutto, insieme al godermi la famiglia». 

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