Lunga serata all’insegna della cultura alla Fondazione Sabe per l’arte di Ravenna che, sabato 18 maggio, ha ospitato la conferenza “Il viaggio in Italia tra scrittura e fotografia” dello storico della letteratura, filologo e saggista Claudio Giunta, per poi aprire al pubblico – eccezionalmente fino alle 23 – la mostra “Italia Revisited #1. Campionario per immagini” del fotografo Massimo Baldini, per celebrare la Notte dei Musei.
Tra i due eventi, c’è un filo conduttore. «Claudio Giunta parla del tema del viaggio in Italia dal secondo Novecento al nuovo millennio, a partire dalla suggestioni della mostra di Baldini che è in corso – spiega il direttore artistico Pasquale Fameli – Con Baldini ho lavorato in occasione dell’uscita del suo libro “Gli italiani” – ricorda in apertura il professore Giunta –. Ci siamo molto divertiti e per questo ho accettato questo incontro dove, per la verità, parlerò più di letteratura e meno di fotografia. Mi piacciono molto le foto di Massimo che sono spesso ironiche, quasi sarcastiche, con una discrasia tra ciò che l’occhio vede e ciò che è rappresentato. Mettono anche allegria e non è poco in un momento in cui c’è poco di che stare allegri».
Con una parlantina sciolta, Giunta – che insegna letteratura all’Università di Trento, collabora al Domenicale del Sole 24 ore, al Foglio e al Post, ed è condirettore della “Nuova rivista di letteratura italiana”, oltre che essere nella direzione della rivista “Il Mulino” – ha offerto utili consigli sui libri più interessanti da leggere a chi desidera esplorare l’Italia del Novecento. Per l’immediato dopoguerra, cita due capolavori.
Il primo è “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi, pubblicato nel 1945, che parla della provincia lucana degli anni Trenta, uno straordinario successo che ha venduto più di un milione di copie, “è il primo ritratto dell’Italia meridionale dopo il Verismo, un’Italia immobile fatta soprattutto di campagne, privo di romanticismo nostalgico”. Il secondo è invece “Viaggio in Italia” di Guido Piovene, del 1957, frutto di due anni e mezzo in giro per l’Italia dello scrittore che con la sua trasmissione radiofonica Rai ha intervistato tutti, dalla gente alle autorità e fino agli imprenditori.
«Poi sono iniziati i viaggi in pezzi d’Italia da parte degli inviati dei giornali – aggiunge Giunta – quando ancora c’erano soldi da investire per i reportage. Si sono cimentati, fra gli altri Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini ed Elsa Morante, e anche Cesare Zavattini e Carlo Emilia Gadda. L’intellettuale medio detesta la città e adora la campagna, non cogliendo forse del tutto lo spirito del cambiamento in atto, del pre-boom economico degli anni Sessanta.
Pasolini, in “La lunga strada di sabbia” fa un viaggio lungo la dorsale adriatica e arriva fino in Sicilia, percorrendo soprattutto le spiagge e scrive pagine spettacolari, sempre legate ai panorami, ai paesini, più che alle città. Un bel ritratto ottimistico dell’Italia che nessuno ha più tentato è poi quello di “Italia sotto inchiesta”, commissionato dal Corriere della Sera e scritto a cinque mani nel 1965 da Montanelli, Cavallari, Ottone, Piazzesi e Russo».
Giunta a Sabe per l’arte, ricorda poi che, negli anni Sessanta, un modo per raccontare l’Italia a chi ancora non aveva la tv erano i reportage giornalistici al seguito dell’evento sportivo più popolare, il Giro d’Italia. Fra tutti, cita quelli di Anna Maria Ortese per il settimanale “L’Europeo” che poi sono stati inclusi nel libro “La lente scura. Racconti di viaggio”, che rivelano una prosa ineguagliabile.
«Il cronista del boom economico è invece Giorgio Bocca – rivela il professor Giunta –. Nel suo “La scoperta dell’Italia” del 1963, fornisce un bel ritratto del milanese che va in vacanza in Liguria. L’interesse dei reportage si sposta verso i grandi centri industriali, in particolare Milano, Torino e Genova, scelti da molti migranti per andare a lavorare in fabbrica lasciando la miseria delle campagne».
Tra gli autori più recenti, Tommaso Labranca con “Estasi del pecoreccio” (1995) in cui parla del misconosciuto ‘barocco brianzolo’ e Alessandro Gori, da lui scoperto, anche conosciuto con lo pseudonimo lo Sgargabonzi, “il migliore scrittore comico italiano”.
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