Foce dei Fiumi Uniti e del Rubicone inquinate. Questa mattina, a bordo della Goletta Verde, sono stati presentati i dati sulla qualità delle acque delle coste emiliano-romagnole. Al tavolo Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente, insieme a Stefano Raimondi, responsabile biodiversità Legambiente e portavoce Goletta Verde, che hanno illustrato i dati emersi dopo il prelievo e il campionamento delle acque ad opera dei volontari e delle volontarie di Legambiente.
Degli 11 campioni esaminati, 6 sono stati prelevati alla foce di fiumi o canali e 5 a mare. I due punti risultati oltre ai limiti di legge hanno ricevuto il giudizio di “inquinato” alle analisi microbiologiche effettuate da laboratori specializzati sul territorio: si tratta dei punti presso la foce fiume Uniti, al Lido di Adriano a Ravenna, e alla foce del fiume Rubicone a Gatteo a Mare (Forlì Cesena).
«Gli esiti del monitoraggio delle acque da parte di Goletta Verde sono in linea con quelli degli ultimi due anni con un solo punto campionato oltre i limiti di legge – dichiara Francesco Occhipinti, direttore di Legambiente regionale -. In Emilia-Romagna abbiamo una doppia responsabilità, perché tutelare il mare vuol dire non solo salvaguardare l’ambiente e gli habitat marini ma anche l’asset economico più importante della regione. Quindi grazie al lavoro di Goletta, continueremo a monitorare la qualità delle acque delle nostre coste informando i cittadini e le cittadine sullo stato di salute del nostro mare».
Sulle coste dei mari dell’Alto Adriatico, in particolare dalle Marche, Emilia-Romagna al Friuli-Venezia Giulia, sono visibili ad occhio nudo grosse chiazze di colore verde-marrone. Si tratta della mucillagine prodotta dalle microalghe che emerge in superfice dai fondali marini.
Inannzitutto, si tratta di un fenomeno naturale e che non ha nessuna conseguenza diretta per la salute pubblica. È diventato imponente negli ultimi tempi – non si notava da decenni – a causa dell’eccessivo apporto di nutrienti, come azoto e fosforo provenienti dal bacino del fiume Po, che alimentano una maggiore secrezione delle microalghe presenti nei fondali del litorale Adriatico.
I nutrienti, come azoto e fosforo, sono una diretta conseguenza del loro uso in agricoltura e negli allevamenti di bovini e suini. Le forti piogge dei mesi scorsi in tutto il bacino del Po hanno di fatti dilavato i terreni agricoli di queste sostanze arrivate in Adriatico attraverso il fiume Po.
Secondo i più recenti dati pubblicati dall’ISTAT, le regioni del Nord si intestano un consumo di fertilizzanti che rappresenta il 62% del dato nazionale per l’azoto e del 58% per il fosforo. Stesso discorso per gli allevamenti intensivi: nel Nord si concentra il 67% di bovini e il 90% dei suini allevati in tutta Italia. Il tutto si traduce in un grosso peso per l’Adriatico, in termini di azoto e fosforo. Uno studio di Autorità di Bacino del Po e delle università di Ferrara, Parma e Torino ci dice che 251mila tonnellate di azoto finiscono ogni anno nei fiumi e nelle falde e da qui, nell’alto Adriatico mentre il quantitativo di fosforo ammonta a 73mila tonnellate all’anno.
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