Si apre il prossimo 17 gennaio la Stagione d’Opera del Teatro Alighieri di Ravenna, con il debutto del nuovo allestimento del Giulio Cesare di Händel, regia di Chiara Muti e direzione di Ottavio Dantone alla guida di Accademia Bizantina. E nel 2025 la Stagione parla anche il linguaggio musivo, grazie alle opere che il Teatro ha commissionato a Felice Nittolo, artista per cui il mosaico è luogo di continua sperimentazione. I tre lavori di Nittolo rileggono i tre titoli d’opera in cartellone (accanto a Händel, La vestale di Spontini e Tosca di Puccini).
Dopo tutto il mosaico è per Nittolo un’esperienza musicale: la martellina è un metronomo che crea le tessere battendo il tempo al ritmo del gesto rapido del mosaicista, il cartone è il pentagramma, le tessere sono note e l’ampiezza degli interstizi misura i silenzi densi di attesa. Le creazioni di Nittolo saranno esposte a teatro in occasione delle rappresentazioni delle opere e caratterizzeranno i materiali promozionali della Stagione.
Per la creazione dedicata Giulio Cesare, che include anche stoffe e foglia d’oro, Nittolo ha immaginato una figura ispirata alla statuaria romana e che si staglia solenne su una roccia. Un fondale di fuoco ne amplifica la grandezza mentre lunghe e veloci pennellate, anch’esse rosse, generano uno scenario vibrante, quasi apocalittico. Per La vestale, che sarà in scena il 28 febbraio e 1 marzo per la regia di Gianluca Falaschi e con Alessandro Benigni sul podio de La Corelli, l’ispirazione arriva dal mosaico degli amanti della Villa del Casale di Piazza Armerina, riletto in chiave contemporanea.
Alla base della composizione, quasi a formare una roccia, sono le vestigia del mosaico, materiali di scarto che l’artista ha recuperato dall’operazione di strappo del mosaico stesso per renderli materia preziosa. Su quest’alta roccia gli amanti sono uniti in un intenso abbraccio; inusuali tessere rosse, colore caro a Nittolo, li avvolgono, rendendo ancora più solida la loro unione. Per la Tosca in programma il 28 e 30 marzo (regia di Luca Orsini, mentre Henry Kennedy dirige l’Orchestra Cherubini), Nittolo riprende una delle sue composizioni più classiche dove la linea verticale – scheggia o filo d’erba – è l’elemento che congiunge cielo e terra, quest’ultima resa da una morbida linea curva mentre nel cielo infuocato e palpitante brillano luminose stelle.
Originario di Capriglia Irpina, Felice Nittolo è ravennate per amore del mosaico e oggi uno dei maggiori rappresentanti dell’arte musiva contemporanea. Nell’arco della sua cinquantennale ricerca, si è imposto all’attenzione nazionale ed internazionale con una serie di proposte, se non di rottura, almeno fortemente provocatorie come l’Aritmismo (1984) e il manifesto della Nuova Tradizione(1992). Pur difendendo l’autonomia del linguaggio musivo, ha intuito le intime corrispondenze tra mosaico e teatro, mosaico e musica, mosaico e poesia.
Felice Nittolo si muove con naturalezza all’interno di numerose possibilità espressive: al fondo di ognuna rimane immutata la sua personalità artistica, in quella ricerca di sintesi che vede al centro di ogni esperienza e orbita il mosaico. Tra le numerose personali e rassegne anche le esposizioni alle fiere internazionali di Arco Madrid, Artefiera Bologna, Expo Arte Bari, Artexpo New York, Art 14 Basilea, Fiac Parigi.
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