Faenza: il violino nato dall’alluvione, costruito a cinque mani. «Per sistemare il laboratorio e la scuola di musica»

Tavoli in legno, mobili antichi, frese, seghe, macchinari, chiodi e martello. È questo l’habitat naturale di Pierpaolo Martini, faentino, restauratore e falegname. Un habitat che però, nelle due alluvioni di maggio 2023, ha rischiato di perdere. I suoi due laboratori sono stati invasi dall’acqua. Ma un violino costruito da cinque amici ed ex compagni della Scuola di Liuteria di Cremona, esperti liutai, servirà a rimettere in sesto la sua attività e non solo.

Il violino nato dall’alluvione: costruito da 5 esperti liutai

Il pregiato strumento ha già suonato in concerto a Bagnacavallo e presto suonerà a Mantova, a Cremona e al Teatro Masini di Faenza, nel saggio di fine anno della scuola di musica Artistation, poi probabilmente per altre date a giugno. «Il ricavato dei concerti andrà alla comunità faentina, verosimilmente alla stessa scuola di musica Artistation che ha subito danni enormi dalle alluvioni», spiega Martini.

«Poi l’idea è quella di rivendere il violino e con il ricavato rimettere in sesto il mio laboratorio – aggiunge -. Ma non è un’operazione semplice, perché è uno strumento di fascia alta e quindi costerebbe molto. Sto sondando il terreno a Ravenna e Cesena, mi piacerebbe che restasse a qualcuno che ne comprenda la storia. Non voglio svenderlo, perché credo che la sua storia, un violino nato da un’alluvione, sia un valore aggiunto e anche il fatto di essere costruito a cinque mani è piuttosto unico». Il rischio è però quello che, affidandosi a un rivenditore, possa finire sul mercato orientale, in Cina o in Korea.

I danni dell’alluvione: un laboratorio distrutto, l’altro salvato ma i macchinari sono andati persi

Fino a maggio scorso Martini aveva due laboratori: uno dove effettuava le lavorazioni (a Mulino dell’Isola, sulla strada per andare a Modigliana) e uno dove teneva corsi di falegnameria per adulti e bambini (in centro a Faenza).

«Già alla prima alluvione, il 3 maggio, nel primo laboratorio l’acqua era arrivata a 2 metri; nella seconda è arrivata al soffitto – racconta -. Oggi c’è ancora acqua che esce dai muri e il rischio di una nuova inondazione è troppo, perciò non lo riaprirò. Nel secondo, fortunatamente, l’acqua è arrivata a 60 centimetri, risparmiando l’impianto elettrico». Uno dei problemi maggiori, tuttavia, è stata la perdita dei macchinari, sia quelli grandi e costosi sia quelli di routine, come ad esempio gli elettroutensili di cui ne ha persi una trentina. Le perdite di attrezzatura hanno colpito duramente entrambi i laboratori.

La fortuna di Pierpaolo Martini è stata quella che pochi mesi prima dell’alluvione, c’era stato un ritrovo della sua classe alla Scuola di Liuteria dopo ben 35 anni. «Quando hanno iniziato a sentire dell’inondazione a Faenza, i miei ex compagni hanno iniziato a chiamare e chiedere come potevano rendersi utili. Mi hanno convinto a creare un crowdfunding. Poi hanno deciso di venire giù come volontari. Gliene sono molto grato», racconta.

«La raccolta fondi è andata molto bene e ne sono grato, mi hanno supportato amici da tutta Italia. Senza l’aiuto di queste persone e di alcuni privati, non ce l’avrei fatta. Al momento, dallo Stato non ho ricevuto nulla e, anzi, dovrò pagare le tasse sulle donazioni, in quanto attività. Purtroppo inizio a pensare che vogliano prenderci per sfinimento», conclude.

Il macchinario acquistato grazie al crowdfunding

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