«Tra le novità di quest’anno – spiega in apertura Norberto Bezzi, fondatore della Fondazione insieme alla moglie, l’artista Mirella Saluzzo – vi è la partecipazione alla settima “Biennale di mosaico contemporaneo”. Abbiamo accolto con piacere l’invito dell’amministrazione comunale di proporre una mostra che fosse in linea con la manifestazione». «Con la Fondazione il dialogo è iniziato un anno fa in occasione dell’apertura – ricorda l’assessore comunale alla Cultura Fabio Sbaraglia – e si è concretizzato quest’anno con questo ‘incontro’ sul tema del mosaico che ha un ruolo centrale per la nostra città. Speriamo di continuare in questa direzione anche l’anno prossimo e di rafforzare ulteriormente la collaborazione».
Presente anche Daniele Torcellini, curatore della “Biennale del mosaico”, che ha ricordato quando nel 2017 l’artista Borghi fece un intervento al Mar – Museo d’arte della città di Ravenna nell’ambito della mostra dedicata alla scultura in mosaico dalle origini a oggi a cura di Alfonso Panzetta.
«Con questa mostra – aggiunge il curatore Pasquale Fameli e direttore artistico della Fondazione Sabe per l’arte –, prende il via anche la collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Alcuni giovani talenti hanno infatti seguito da vicino e partecipato all’allestimento con Enrica Borghi, nei giorni scorsi. Un legame che porteremo avanti in varie forme anche in futuro. La mostra “Modulare lo scarto” evidenzia la modernità del mosaico: pur non riprendendone la tradizionalità della tecnica, l’artista utilizza frammenti ed elementi di scarto per una sorta di ‘riscatto’ ambientale, impendendo loro di ulteriormente inquinare l’ambiente».
Nata a Macugnaga (Verbania) nel 1964, ma da anni di base sulle colline del lago d’Orto, l’artista ha iniziato nel 1992 a usare la fotografia e materiali riciclati. La sua ricerca si focalizza, in particolare, sull’utilizzo di plastiche raccolte in aree convenzionalmente ricondotte al mondo femminile e a quello domestico. Ne sono un fulgido esempio le cinque installazioni in mostra a Ravenna. Per esempio “Stola”, realizzata con fettucce colorate di cotone che – pur richiamandosi alla tradizione tessile – presenta un carattere discreto affine a quello del medium visivo.
C’è poi “Muro”, una creazione risalente al 2005, per la prima volta ricomposta a terra in modo frammentario per richiamare l’idea di una pavimentazione a mosaico come se fosse stata rinvenuta in uno scavo. Sono di quest’anno invece le due opere intitolate “Corpo plastico”, eseguite con bottiglie di plastica sezionate e buste in plastica. L’ultima e forse più suggestiva è “Mandala” che Enrica Borghi ripropone dal 2000, ogni volta in una diversa versione, creata con tappi di plastica accostati e impreziositi da gocce di vetro colorate.
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