28 Mar 2023 19:19 - In evidenza
Marco Prati dei Joe DiBrutto: «I fan amano la nostra autenticità nel fare musica»
La band bolognese consente al pubblico di scatenarsi al ritmo della disco-music e del funk, facendo salti indietro nel tempo ma con pezzi evergreen.
di Maria De Musis
Scatenarsi al ritmo della disco-music e del funk, facendo un salto indietro nel tempo ma con pezzi evergreen. Questo promette il gruppo bolognese Joe DiBrutto che si esibirà dal vivo domani, mercoledì 29 marzo, e giovedì 30, in un luogo iconico del centro storico di Ravenna, l’Osteria Passatelli del Mariani Lifestyle, dove è possibile cenare e ascoltare buona musica. Dato che la serata del giovedì è sold out da tempo, il locale ha deciso di raddoppiare, proponendo anche quella del mercoledì (ndr, c’è ancora qualche posto disponibile, tel. 0544-215206). Con oltre 30 anni di carriera e 6 dischi pubblicati, i Joe DiBrutto continuano ininterrottamente a far scatenare il pubblico con un repertorio di musiche che spaziano dagli anni Settanta agli anni novanta che mai tramonteranno. A parlarne è Marco Prati, cantante della band e suonatore del basso, che spiega cosa significa portare avanti il loro progetto musicale tanto amato da giovani e adulti.
Prati, è stata doppiata la serata di giovedì al Mariani Lifestyle di Ravenna. Qual è il segreto per attirare un pubblico così vasto?
«Il segreto sta nel fatto che abbiamo fan molto fedeli, che hanno voglia di divertirsi insieme a noi. Direi che è un po’ un “segreto di Pulcinella” perché noi facciamo tutto questo per far stare bene la gente. Questa nostra autenticità nel fare musica si sente, credo, e riusciamo a trasmetterla a chi ci ascolta e torna volentieri anche la volta dopo».
Chi sono i vostri fan più fedeli?
«In genere più gli adulti che ci seguono da anni ma siamo stati fortunati nell’aver sempre avuto, e ancora di più in quest’ultimo periodo, un grande seguito anche da parte di giovani che magari sin da bambini hanno partecipato ai nostri concerti con i genitori. Quindi, direi che abbiamo un pubblico piuttosto eterogeneo per quelli che sono i nostri standard, che dimostrano di apprezzare la nostra componente, che supera le barriere del tempo».
Che tipo di musica ad oggi proponete e com’è cambiato nel tempo il vostro modo di fare spettacolo?
«Non l’abbiamo mai cambiato e forse anche per questo siamo tanto seguiti. Il pubblico ha bisogno di avere un po’ di sicurezza nel sapere di andare al concerto e ascoltare la stessa musica. Certo, noi cambiamo sempre qualcosina, ma restiamo legati al clima di repertorio retrò e alla disco-music. A volte proponiamo cose vecchie che non abbiamo fatto prima, riscoprendo qualche brano che può essere stato un po’ più dimenticato, ma che è al contempo molto apprezzato».
Oltre 30 anni di carriera e 6 dischi di successo alle spalle. Pensate ce ne saranno altri?
«Di anni di carriera sicuramente, ma di dischi non credo, perché intraprendere un progetto in formato discografico è molto faticoso e complesso. Invece, dal punto di vista dell’attività dal vivo è sempre molto gratificante e per quanto riguarda la nostra band, non abbiamo mai avuto flessioni nemmeno durante la pandemia da Covid, tant’è che ancora ora stiamo facendo un calendario che risulterà piuttosto impegnativo».
Quando è nato il vostro gruppo? I componenti sono sempre gli stessi?
«Il nucleo originario risale al 1989, poi andando avanti negli anni abbiamo fatto qualche piccolo assestamento di formazione, ma il nucleo solido è a partire da quell’epoca lì. Il cantante, che è il penultimo arrivato, festeggia quest’anno ben 17 anni con noi, quindi, oltre la longevità siamo anche e soprattutto molto uniti».
Qual è il segreto che vi tiene legati da così tanti anni, non solo dal punto di vista dell’amicizia, ma in termini di lavoro?
«Credo che la forza sia nel capire che il gruppo è molto più che la somma delle parti e che nessuno riesce a essere qualcosa se non in relazione agli altri del gruppo, quindi, capire che il proprio ego non può compensare quello che danno gli altri in questo progetto. Ognuno ha il suo ruolo che è importante e indispensabile per tutti. Un gruppo esiste finché ci sono progetti da fare insieme e soprattutto concerti per il pubblico».
Lei ha parlato di progetti da fare ancora, ne avete altri in particolare per il prossimo futuro?
«Il gruppo adesso sta lavorando per aumentare un po’ i numeri dello spettacolo per l’estate, che per noi in realtà si conta già a partire dalla tarda primavera. Stiamo preparando qualche numero nuovo ma, strano a dirsi, anche vecchio come scelte di repertorio. Ci saranno pezzi nuovi con qualche cosa che non abbiamo fatto precedentemente, perché un minimo di rinnovamento ci vuole sempre. Già questa settimana faremo un piccolo esperimento proponendo alcuni brani realizzati in una chiave un po’ più acustica, volti ad emozionare le persone».
Una curiosità: com’è nato il nome del gruppo?
«Il nome Joe DiBrutto dà sempre luogo a fraintendimenti perché spesso le persone credono che Joe sia una sola persona e quindi il nome d’arte di uno di noi. In realtà, è un semplice gioco di parole rispetto alla forma gergale del dire “giù di brutto, andare giù pesantemente, darci sotto” accostato al nome Joe che rimanda a un giocatore di Baseball, Joe di Maggio, che tra l’altro era anche il marito di Marilyn Monroe».