È iniziata la demolizione delle torri Hamon. Domenica il presidio, ma potrebbe essere tardi

Alte 55 metri sono lì dal 1950, costruite per volontà di Attilio Monti, fondatore della Sarom. Erano utilizzate come impianto di raffreddamento dell'acqua

È iniziato lo smantellamento delle torri Hamon dell’ex Sarom di Ravenna. Il 27 marzo Eni aveva inviato al Comune di Ravenna la Comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila). Nel weekend pasquale curiosi, fotografi e artisti hanno gravitato attorno alle torri, per immortalarle un’ultima volta o semplicemente per ammirarle.

Non è bastato il presidio di lunedì 1 aprile, indetto proprio a causa delle gru già posizionate a pochi giorni dall’annuncio. Un nuovo presidio sarà domenica 7 aprile, dalle 16 alle 18, alla Darsena di Città lungo il Candiano a Ravenna, per chiedere un ripensamento e salvare le torri Hamon. La manifestazione è appoggiata da Accademia di Belle Arti di Ravenna, AIPAI – Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale, Associazione Dis-ORDINE, Italia Nostra sezione di Ravenna, Save Industrial Heritage e Spazi Indecisi. La paura è però che domenica possa essere troppo tardi.

La demolizione

«L’intervento di demolizione – scrive Eni -, si rende necessario e non rimandabile anche per ragioni di sicurezza, vista la vetustà e lo stato di conservazione delle torri che risultano interessate da fenomeni di disgregazione con possibile caduta di calcinacci, fenomeno ben visibile e già in essere». Inoltre, lo smantellamento delle torri è collegato alla realizzazione del progetto dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico centro settentrionale di un parco fotovoltaico per la produzione di energie rinnovabili.

Il Sindaco, nonostante ne riconosce il valore culturale, pensa che sia «in un certo senso emblematico che in una zona dove ieri c’era un grande stabilimento di raffinazione di idrocarburi, oggi nasca un grande polo per la produzione di energie rinnovabili».

Italia Nostra si oppone

Le torri rappresentano un simbolo nello skyline ravennate, entrate nella memoria collettiva anche grazie al film “Deserto Rosso” di Michelangelo Antonioni. Da anni attirano fotografi e artisti e perfino Jovanotti nel videoclip della canzone “L’Alba” le ritrae.

«Un simbolo del passato industriale ormai entrate nello skyline di Ravenna, ed una occasione di riqualificazione per la Darsena, che non cancelli le sue caratteristiche peculiari, ma che ne sappia cogliere le potenzialità in chiave positiva e di arricchimento sociale, identitario, ed anche di attrattività turistica», scrive Italia Nostra.

«Altrove infatti, porti e darsene convertono i loro manufatti di pregio recuperandoli e riadattandoli ai nuovi usi a servizio della cittadinanza, della cultura, dell’arte, attirando decine di migliaia di visitatori ogni anno».

«Siamo certi che le risorse per il loro recupero, anche di minima e poco costoso, possano essere facilmente trovate, se solo vi fosse la volontà di salvarle, così come possano convivere senza problemi con l’impianto fotovoltaico in progetto», ha concluso Italia Nostra.

La storia delle torri Hamon

Le Torri Hamon prendono il nome dai fratelli che progettarono questo meccanismo di raffreddamento a torre svasata verso il basso il basso, in grado di resistere meglio alle elevate temperature ormai raggiunte dai processi di lavorazione.

Le Torri di Ravenna nello specifico, sono alte 55m e si estendono su un’area di 2.500m², sono state costruite per volontà di Attilio Monti che nel 1950 fondò a Ravenna la S.A.R.O.M. (Società Anonima Raffinazione Olii Minerali), per la raffinazione del petrolio.

Leggi anche: Le Torri Hamon. Da impianti di raffreddamento Sarom a giganti silenziosi in attesa di giudizio

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