«Sulla crisi civilistica giudiziaria di Cofari, gigante cooperativo della logistica portuale e del facchinaggio, a danno dei propri soci e lavoratori, proprio come avvenne con la CMC, la Filt-Cgil non se l’è sentita per ora di parlare. Se ne stanno zitti anche il sindaco e la sua maggioranza politica, di cui peraltro fa parte l’assessore Costantini, fratello dell’attuale presidente di Cofari. C’è tempo perché si schiariscano voci altrimenti molto loquaci. Afasie assordanti, vista l’estrema sintonia politica tra l’attuale CGIL del segretario Landini e la sinistra pseudo progressista diretta dall’attuale segretaria del PD», commenta Alvaro Ancisi di Lista per Ravenna.
«Legacoop, non meno sincronica col suddetto ‘campo largo’, giustifica invece l’accaduto col fatto che nel porto è impossibile, per imprese che ossequiano le leggi, reggere la concorrenza con altre poco serie, rispettando la tariffa minima di 23,24 euro l’ora fissata dall’Ispettorato del Lavoro di Ravenna. Silenzio assordante anche su questo, nonostante nel nostro porto non scappi uno spillo all’Autorità Portuale, costituita anche per questo, e tanto meno alla Sapir, oligopolista del porto stesso, retta in sostanza da una maggioranza azionistica facente capo agli enti pubblici che governano da mezzo secolo questo territorio. Il presidente della Sapir è casualmente avvocato di Cofari presso il Tribunale civile di Ravenna».
«Una prova di quanto sopra si è avuta il 16 aprile scorso, quando, con risonanza mediatica altamente sonora ed enfatica, il ‘campo largo’ progressista del Comune di Ravenna ha annunciato di aver “ messo un punto fermo nella storia della nostra città”, avendo una propria deliberazione “approvato il Salario Minimo”. Un imbarazzante sproloquio di 6 pagine preconfezionate secondo cui nei capitolati di gara per l’esecuzione dei servizi esternalizzati dal Comune di Ravenna o da soggetti pubblici a base regionale (Intercent, AMR, Atersir) che operino per suo conto, le mansioni operative, esecutive ed ausiliarie “siano retribuite con livelli salariali non inferiori al minimo di 9 euro/ora”».
«Una deliberazione assolutamente inutile e velleitaria, bensì artificiosamente propagandistica, essendo in contrasto clamoroso con la gerarchia delle fonti del diritto, in base a cui gli atti vigenti con forza di legge prevalgono sugli atti dei Comuni. Viola, infatti, l’art. 117 della Costituzione che riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la regolamentazione dei rapporti di lavoro rientranti nell’ordinamento civilistico. Come anche la vicenda Cofari», conclude Ancisi.
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