ROMA (ITALPRESS) – In Italia è in corso una lieve ripresa della spesa per R&S in rapporto al PIL, del personale addetto e si conferma una quantità di pubblicazioni scientifiche significativa. Restano critici la quota di popolazione con il dottorato di ricerca, quella di donne nelle STEM e il divario salariale di genere. Questi alcuni dati che emergono dalla terza edizione della “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia – Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia” del CNR presentata a Roma alla presenza, tra gli altri, della presidente del Cnr, Maria Chiara Carrozza e del ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa. “Il PNRR costituisce un’unica e probabilmente irripetibile occasione: per instaurare il circolo virtuoso tra ricerca e innovazione e sviluppo economico e sociale del paese; per avviare numerosi progetti di sviluppo scientifico e tecnologico e nuove collaborazioni tra mondo accademico, amministrazione pubblica, enti locali e industria; per una collaborazione tra settore pubblico e privato diretta verso la soluzione delle grandi sfide della società”, ha detto Maria Chiara Carrozza, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
“Tali condizioni devono essere mantenute assicurando adeguate risorse ordinarie anche quando le risorse straordinarie del PNRR avranno esaurito il proprio compito. Il CNR deve sempre più combinare il fare ricerca e l’azione di agenzia, recuperando quel ruolo centrale che ha già svolto in passato, basti pensare ai Progetti Finalizzati, e che già svolge nel coordinamento di molte infrastrutture europee di ricerca”, ha aggiunto.
Per il ministro dell’Università e ricerca Maria Cristina Messa, anche guardando i dati della Relazione “si conferma che come mondo della ricerca dobbiamo superare alcune vecchie logiche. Tra queste, l’antitesi fra ricerca di base e applicata: la ricerca deve essere di qualità e finanziata in quanto tale, sia quella guidata da curiosità che quella applicativa, che devono coesistere senza contrapposizioni o trasformarsi l’una nell’altra. Dobbiamo inoltre – ha aggiunto Messa – superare il preconcetto della separazione fra ricerca pubblica e privata, che allontana le imprese con cui gli enti di ricerca hanno sempre attivato collaborazioni, mentre le università hanno conosciuto delle fasi diverse, un gap che va recuperato. L’avere stimolato grandi filiere attraverso i bandi è proprio una risposta in tal senso, senza immettere nuove fondazioni o istituzioni di ricerca, ma facendo rete con quanto di buono c’è già. Dobbiamo capire che se come mondo della ricerca vinciamo questa sfida diventiamo fondamentali per il paese, perchè creiamo spin-off, start up, proof of concept, lavoro, opportunità per i giovani. E’ questa è la vera sfida che abbiamo davanti”.
Complessivamente le risorse destinante alla ricerca e sviluppo previste nel PNRR ammontano a circa 17 miliardi di euro, circa il 7,5% complessivo delle risorse totali. La maggior parte si concentrano su ricerca applicata e sviluppo sperimentale (circa 10 miliardi), ricerca di base (4 miliardi), azioni trasversali e di supporto (1,88 miliardi) e trasferimento tecnologico (380 milioni). Solo lo 0,5% della popolazione in età lavorativa in Italia ha il dottorato di ricerca, contro l’1,2 della media dell’Unione. Anche gli iscritti al dottorato sono assai meno che nella media dell’UE: lo 0,14% contro lo 0,28%. E’ necessario aumentare il numero di coloro che conseguono il titolo di dottore di ricerca, circa 10 mila studenti l’anno, con migliori prospettive, per compiere un salto nella specializzazione tecnologica e produttiva verso settori e industrie a più elevato contenuto di conoscenza. Il tasso di occupazione dei dottori di ricerca è pari al 93,5%, ma meno della metà ritiene di sfruttare pienamente le conoscenze acquisite nel mercato del lavoro. La quota di donne è cresciuta e rappresenta più della metà dei dottori di ricerca. Si riscontra tuttavia una polarizzazione, gli uomini coprono il 60% dei posti nelle STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e le donne il 58% nelle altre materie.
Si riscontra inoltre un gap salariale pari a circa 312 euro mensili in Italia e 209 all’estero, che esplode nelle scienze mediche, dove gli uomini, dopo 4-6 anni dal conseguimento del titolo, guadagnano addirittura 704 euro in più delle donne. Una parte notevole dei nostri studenti svolge il dottorato all’estero. Non sorprende questa collocazione professionale fuori d’Italia: dopo 6 anni dal conseguimento del titolo, il reddito medio mensile è pari a 1.679 euro in Italia e 2.700 euro all’estero. La spesa per R&S in rapporto al PIL, in Italia è in atto una lieve ripresa che porta all’1,4%, dovuta anche al fatto che gli stanziamenti pubblici hanno smesso di ridursi. Anche l’andamento del personale addetto alla R&S (in rapporto a mille unità di forza lavoro) cresce, soprattutto grazie all’incremento del personale nelle imprese che ha raggiunto i 218 mila addetti.
(ITALPRESS).
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