Il 2022 ha segnato un’esplosione del fenomeno delle dimissioni volontarie dei lavoratori nel territorio romagnolo, secondo un dossier presentato dalla Cisl Emilia-Romagna che prende in analisi gli anni dal 2014. Le chiusure e le restrizioni imposte dalla pandemia nel 2020 hanno lasciato un impatto significativo sull’economia e sul mercato del lavoro, e ciò ha contribuito a intensificare una tendenza già in atto nell’ultimo decennio.
Nel 2022 nel territorio romagnolo, ben 46.300 lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi lavoratori domestici e operai agricoli) hanno scelto di abbandonare il loro posto di lavoro, rappresentando un aumento del 49.95% rispetto alla media degli anni precedenti. Inoltre, le dimissioni volontarie nel 2022 hanno segnato un aumento del 13.60%, con 46.300 lavoratori che hanno lasciato il posto in cerca di un posto migliore, mentre nel 2020 erano 40.757.
Nel corso del 2022, nella provincia di Ravenna, si è registrato un significativo incremento delle dimissioni volontarie, con ben 15.718 lavoratori che hanno deciso di presentare le dimissioni dai loro posti di lavoro. Questo dato rappresenta un aumento del 50.22% rispetto alla media degli anni precedenti e del 15.42% rispetto all’anno 2021. La suddivisione per sesso mostra che il 60% dei lavoratori che hanno scelto di dimettersi è di sesso maschile, mentre il 40% è di sesso femminile. Per quanto riguarda l’età dei lavoratori, il 30% rientra nella fascia di età fino a 29 anni, il 47% nella fascia di età 30-50 anni, mentre il 23% appartiene alla fascia di età oltre i 51 anni.
Nel primo trimestre del 2023, si è verificata una lieve inversione di tendenza, con una flessione del 5% rispetto al primo trimestre del 2022 nel territorio romagnolo, e una diminuzione variabile nelle province di Forlì-Cesena (-1,44%), Ravenna (-7,24%) e Rimini (-6,10%). Questo dato potrebbe indicare un possibile cambiamento nella dinamica delle dimissioni volontarie, ma è ancora troppo parziale per trarre conclusioni definitive.È interessante notare che il cambiamento dei giovani nel rapporto con il lavoro è davvero significativo, come dimostrano i dati che indicano che in media il 75% di coloro che lasciano il proprio lavoro in cerca di una nuova opportunità sono nella fascia d’età sotto i 50 anni, mentre circa il 30% sono giovani sotto i 29 anni.
Questo fenomeno riflette una serie di differenze nella prospettiva lavorativa e nelle aspettative dei giovani di oggi rispetto alle generazioni precedenti. Oggi i giovani sono maggiormente orientati verso la ricerca di un impiego che sia in linea con i propri valori personali e che offra un senso di realizzazione. Non cercano solamente una fonte di reddito, ma vogliono sentirsi coinvolti in un lavoro significativo che contribuisca a una causa o a un obiettivo più ampio. Questa mentalità li rende più selettivi nella scelta delle opportunità di lavoro e li porta ad evitare impieghi che non rispecchino i loro valori.In secondo luogo, la flessibilità è diventata una priorità per i giovani lavoratori. La generazione attuale dà grande importanza all’equilibrio tra lavoro e vita privata, e cerca sempre più modi per conciliare le esigenze personali con quelle professionali.
«Il territorio romagnolo si è trovato di fronte a un fenomeno preoccupante nel corso degli ultimi anni con l’esplosione delle dimissioni volontarie – commenta il segretario generale CISL Romagna Francesco Marinelli -. Questo trend rappresenta una sfida significativa per le imprese, che devono ora trovare un equilibrio tra le esigenze dei lavoratori e le esigenze delle aziende al fine di garantire la stabilità economica del territorio romagnolo. Diversi sono i fattori hanno contribuito a questa tendenza preoccupante. Tra i principali si riscontrano la mancanza di opportunità di crescita e di riconoscimenti professionali. I percorsi di carriera sembrano procedere a rallentatore, con solo l’1,15% dei lavoratori che ha ottenuto riconoscimenti professionali elevati nel 2021, scendendo addirittura allo 0,01% tra i giovani».
Un altro aspetto cruciale è rappresentato dal precariato, che ha avuto un impatto significativo sul boom delle dimissioni. Circa il 26% dei lavoratori dipendenti nel settore privato si trova in tipologie contrattuali non stabili, raggiungendo il 29,39% nel caso delle donne e addirittura il 49% tra i giovani fino a 29 anni. L’analisi del settore più colpito da questo fenomeno rivela che il commercio, sia all’ingrosso che al dettaglio e nei servizi, ha registrato una percentuale media del 35,68% dei lavoratori che lasciano il proprio posto di lavoro. A seguire, il settore manifatturiero (24,87%) e le attività professionali, scientifiche e tecniche (17,01%).Sebbene questa esplosione di dimissioni presenti una sfida per la stabilità del mercato del lavoro romagnolo, potrebbe anche aprire nuove opportunità di sviluppo. La Romagna potrebbe attrarre talenti e imprese innovative, creando un ambiente lavorativo più dinamico e competitivo.
«Per affrontare questa situazione di precarietà strutturale, è fondamentale concentrarsi sulla valorizzazione e il riconoscimento delle competenze professionali dei lavoratori. Inoltre, è indispensabile implementare politiche volte a migliorare le retribuzioni e le opportunità di crescita, soprattutto per i giovani lavoratori. Solo affrontando queste questioni e promuovendo un ambiente di lavoro gratificante e sicuro, si potrà contrastare efficacemente la tendenza all’aumento delle dimissioni volontarie e creare un futuro più stabile per il mercato del lavoro in Romagna. – conclude Marinelli – È necessario uno sforzo congiunto da parte delle istituzioni, delle organizzazioni sindacali e delle aziende per affrontare questa sfida e creare un mercato del lavoro più solido e sostenibile per la prosperità economica della Romagna».
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