Centri antiviolenza, la giunta dice sì all’accoglienza di donne con minori

E’ stato approvato dalla giunta lo schema di protocollo d’intesa che condivide e rinnova il consolidamento di una rete in grado di fornire supporto e accoglienza reciproci di donne o di madri con minori nelle case rifugio dei tre centri antiviolenza (Cav) della provincia di Ravenna.

Il documento coinvolge l’Unione dei Comuni della Bassa Romagna, l’Unione dei Comuni della Romagna faentina, i Comuni di Ravenna, Cervia e Russi, l’ Azienda sanitaria locale della Romagna, le associazioni Demetra, Donne in aiuto, Sos Donna e Linea Rosa.

Lo scopo dell’obiettivo

“L’obiettivo dell’accordo – dichiara l’assessora alle Politiche e cultura di genere Federica Moschini – è quello di porre in essere e mantenere sinergie sia di carattere operativo sia economico nell’esigenza di promuovere la piena applicazione del diritto alla tutela e alla protezione delle donne/madri con figli minori che hanno subito maltrattamenti e abusi e/o figli minori che hanno assistito a qualsiasi forma di violenza perpetrata da parte di altri”.

Si tratta quindi di rafforzare la rete fra i tre centri antiviolenza per un’ospitalità gratuita nelle proprie case rifugio rivolte a donne che sono costrette ad uscire dal territorio di residenza con la garanzia della segretezza del luogo di protezione.

La valutazione dei singoli casi

L’azione si articola in linee operative intese alla valutazione in equipe da parte degli addetti di ogni singolo progetto di ospitalità di donne prima dell’inserimento in casa rifugio e dopo l’eventuale messa in protezione nei casi di emergenza/urgenza. Nei casi di coinvolgimento di minori il progetto per la tutela di madre e figlio dovrà essere valutato e condiviso con i professionisti della neuropsichiatria infantile dell’Ausl al fine di esaminare la complessità del caso e garantire un’appropriata assegnazione. La disponibilità agli inserimenti nelle case rifugio in questione potrà essere attuata solo in caso di posti liberi e l’ospitalità gratuita, al di fuori dei propri territori di riferimento, non potrà superare i 12 mesi, al termine dei quali i servizi di provenienza dovranno provvedere al pagamento della retta.

Tra gli altri interventi operativi figurano la definizione di un progetto fatto in accordo, prima dell’inserimento, tra i servizi sociali del territorio di provenienza e quelli del territorio della casa rifugio ospitante, per facilitare la permanenza delle donne con figli minori; il progetto dovrà anche prevedere le modalità di coinvolgimento della rete dei servizi del territorio ospitante per favorire l’inserimento del nucleo nel territorio e il percorso di protezione e autonomia, in particolare se la permanenza delle persone si protrae oltre l’anno.

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