Ve lo avevamo consigliato in tempi non sospetti, ora “C’è ancora domani” – esordio alla regia di Paola Cortellesi – è sulla bocca di tutti. Uscito al cinema il 26 ottobre, si avvicina agli 8 milioni di euro al botteghino: è il film italiano più visto dell’anno, che ha portato al cinema più di un milione di spettatori. Quando si accendono le luci in sala e iniziano i titoli di coda, “C’è ancora domani” fa scattare l’applauso spontaneo del pubblico, visibilmente emozionato.
Girato in bianco e nero, è ambientato a Roma nel 1946 poco dopo la fine della guerra, quando per le strade della città può capitare di incontrare soldati americani che regalano cioccolata. Delia (Paola Cortellesi) è sposata con Ivano (Valerio Mastandrea), ha tre figli e la sua vita ruota attorno ai ruoli di madre e moglie. “C’è ancora domani” è prima di tutto un film sull’essere donna.
Ivano è burbero, despota, guadagna poche lire e riversa la sua frustrazione sulla moglie; l’unico sollievo per Delia sono le confidenze con l’amica Marisa (Emanuela Fanelli). A un certo punto, però, arriva l’imprevisto: Delia riceve una lettera misteriosa, che le offre la possibilità di dare una svolta alla sua vita.
“C’è ancora domani” non è un film nostalgico, tutt’altro, la società del 1946 mostra la disparità di genere e l’invisibilità di molte donne. La generazione precedente – incarnata dal padre di Ivano – mostra una dominazione maschile ancora più radicata. Cortellesi dimostra che l’istruzione e l’indipendenza economica sono per le donne le prime fonti di emancipazione, per scardinare uno status quo dove le donne sono destinate alla cura della famiglia e al silenzio di fronte al marito.
Li avevamo visti marito e moglie già in “Figli“, film tratto da un monologo di Mattia Torre, Cortellesi e Mastandrea tengono le fila del film, circondati da personaggi secondari che sono il sottobosco vitale di questa Roma del 1946. Prima di tutto Emanuela Fanelli, nel ruolo di fruttivendola e amica di Delia senza peli sulla lingua, ma anche Vinicio Marchioni, meccanico squattrinato. C’è poi il burbero e maschilista suocero, interpretato da Giorgio Colangeli e al suo capezzale un buffo vicino messo in scena da Lele Vannoli.
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La mostra resterà aperta fino a domenica 8 dicembre nei seguenti orari