C’è un vitigno autoctono della zona di Bagnacavallo, che nel 1913 è stato salvato dalla famiglia Longanesi: si tratta del Bursôn. L’azienda agricola Longanesi di Boncellino, nel tempo, ha puntato sui vini del territorio, ma quest’anno il suo lavoro assume anche un altro significato. L’insegna del Bursôn, infatti, è stata trascinata via dall’acqua durante l’alluvione di maggio ed è stata ritrovata in Puglia.
Quando nel 1913 Antonio Longanesi comprò i terreni, in una piccola area boscosa della proprietà, dove veniva praticata la caccia da capanno, trovò una vecchia vite abbarbicata a una quercia, che veniva utilizzata come richiamo per gli uccelli.
Vista la resistenza alle malattie fungine dei grappoli, la famiglia provò a produrre vino in casa, come tutti i contadini della zona. Si ottenne un buon prodotto, che ebbe successo anche fra gli amici, in questo modo si diffuse nella zona.
«Il Bursôn – racconta Daniele Longanesi – è un vitigno di Bagnacavallo, salvato dalla nostra famiglia e Bursôn è proprio il soprannome della nostra famiglia. L’uva invece è stata chiamata uva Longanesi. Adesso la quercia, qui a Boncellino, dove era attorcigliata la vite, ha un cartello per segnalarne l’importanza. La vite originaria non c’è più, ma la vigna storica gode di ottima salute».
Con l’alluvione il Bursôn è diventato simbolo di un territorio duramente colpito, ma che non esita a ripartire. In quei giorni l’insegna del Bursôn è stata trascinata via dall’acqua, ha preso il Canale in Destra Reno ed è stata ritrovata sulle spiagge di Casalabate in Puglia. Ha fatto un viaggio di circa 800 chilometri. A inizio settembre, l’insegna è tornata a casa, ma questa volta in autobus. È stata riportata da una delegazione di trentasei persone della Pro Loco di Casalabate-Marina di Trepuzzi.
«Nella drammaticità dell’evento, quella del Bursôn è stata una storia bellissima – racconta Daniele Longanesi – e ora l’insegna è tornata a casa. Adesso ho ancora un giorno di vendemmia, ma poi vogliamo restaurarla perché si sta degradando molto velocemente. Faremo però un restauro conservativo, che faccia capire quello che quest’insegna ha passato».
A causa dell’alluvione le viti sono rimaste sott’acqua per giorni, ma la voglia di ripartire ha prevalso sulle difficoltà. La vendemmia del 2023 si sta concludendo con successo, nonostante tutto.
«Al netto dell’alluvione – spiega Longanesi – direi che alla fine la vendemmia l’abbiamo portata a casa. Sono soddisfatto. È stato complicato, ma siamo riusciti a ottenere una buona qualità. Non sarà l’annata del secolo, ma non ci lamentiamo. Nonostante 15-20 giorni sott’acqua, alla fine non abbiamo perso molte viti, per lo più qualcuna delle più giovani che si è seccata. Abbiamo avuto problemi di struttura: motori, botti, pavimenti. A livello di campagna c’è tanto limo, che dobbiamo capire se lasciare lì o portar via, ma ce l’abbiamo fatta».
L’azienda Longanesi è longeva, ma non ferma: è attenta alle tematiche del presente. Uno degli obiettivi è quello di diventare a carbonio zero, o comunque andarci il più vicino possibile.
«Il nostro punto di forza – conclude Longanesi – credo che sia quello di lavorare sul territorio, con vitigni locali. Poi cerchiamo di essere sostenibili: non usiamo diserbanti e cerchiamo di fare meno trattamenti possibili. Quello che mi piacerebbe fare adesso e nei prossimi anni è cercare di farla diventare a carbonio zero, puntando su motori elettrici e fotovoltaico. Insomma, vorrei che diventassimo sempre più green».
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