Nella notte fra il 16 e il 17 maggio 2023, Gianni Parmiani va a recuperare suo padre 93enne, Giuseppe, nella casa di famiglia dove vive solo – il Mulino Parmiani – dopo l’ordine di evacuazione da parte del Comune di Lugo. Il fiume Santerno rischia di esondare e il mulino si trova lungo l’argine, su via Fiumazzo tra Ca’ di Lugo e San Lorenzo. Poche ore dopo, prima dell’alba, il fiume esonda per davvero, proprio in corrispondenza della casa di mattoni dei Parmiani, distruggendone una buona parte.
A pochi giorni di distanza, un’ordinanza del sindaco di Lugo, Davide Ranalli, invita i Parmiani ad acconsentire alla demolizione della loro casa: serve spazio per ricostruire l’argine. Giuseppe Parmiani firma e la casa viene demolita senza che i Parmiani possano andare dentro a recuperare i ricordi di tre generazioni, i mobili, i vestiti e gli oggetti di scena della compagnia teatrale di Gianni, che nei locali del vecchio mulino aveva allestito il suo magazzino.
«L’ho sentito piangere solo la notte in cui ha firmato per far abbattere la casa», racconta il figlio.
Un paio di settimane dopo arriva il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per stringere la mano al 93enne lughese la cui casa ha salvato dall’acqua l’intero abitato di San Lorenzo e che è stata demolita, nonostante una buona metà si fosse salvata. «Forse il presidente pensava di trovarsi davanti un vecchio arrabbiato, pieno di lamentele e disperato. Invece io sono orgoglioso della mia casa. È stata eroica», ha detto l’anziano a un giornalista. Giuseppe Parmiani finirà anche nella lista delle ‘persone dell’anno‘ di Ansa.
Poi più niente.
«Si era parlato di creare una zona del ricordo nel punto in cui stava il mulino, dove mettere le vecchie macine che si sono salvate e una targa commemorativa. Ma poi dalle istituzioni non abbiamo più saputo nulla. Dalla comunità abbiamo ricevuto molta solidarietà, anche economica e ne sono grato. Ma purtroppo non posso dire lo stesso delle istituzioni. Mi rendo conto che la nostra sia una situazione complicata e non chiedo corsie preferenziali, ma credo che dopo un anno sarebbe giusto ricevere un equo indennizzo per la perdita della casa», commenta il figlio Gianni, che per esorcizzare la perdita del mulino, ne ha tratto un monologo teatrale.
Oggi, a un anno di distanza, Giuseppe Parmiani non ha ancora ricevuto un rimborso per la demolizione della sua casa. Il terreno su cui sorgeva il mulino di famiglia sostanzialmente oggi non esiste più. L’argine è stato ispessito, fino a occupare buona parte della proprietà dei Parmiani. «Il suolo di fatto è ancora nostro e secondo il catasto la casa è ancora in piedi. Rischiamo perfino di dover pagare l’Imu», spiega Gianni Parmiani.
Giuseppe Parmiani, che a giugno compirà 94 anni, oggi vive a Lugo, in una casina al piano terra proprio di fronte a quella del figlio Gianni, in affitto. Da quando è stato firmato il contratto d’affitto, secondo la burocrazia dello Stato, lui risulta come rientrato a casa e ha smesso di ricevere il contributo di autonoma sistemazione (cas).
«Peccato che oggi sia costretto a pagare un affitto, mentre fino a un anno fa viveva in una casa di proprietà. Una casa che di fatto gli è stata espropriata dallo Stato, ma senza alcun pagamento né alcun passaggio di proprietà», ribadisce il figlio.
«Nell’emergenza – continua – tutto è sembrato lecito e abbiamo aspettato pazienti e confidenti che arrivasse il nostro turno. Dopo un anno, però, quel momento non è ancora arrivato. Mio padre ha quasi 94 anni e credo che sia giusto che riceva un adeguato rimborso per quello che ha perso. Non basta la soddisfazione di aver stretto la mano al Presidente, credo servano anche dei fatti. Non so come farebbe se non ci fossimo io e mio fratello ad aiutarlo, lo Stato non gli dà nulla».
«Spesso mi chiedono se non sia arrabiato, io rispondo che non serve a niente e non capisco verso chi dovrei provare rabbia. Verso il fiume? No, la natura si è semplicemente ripresa ciò che era suo fin da principio. Verso lo Stato? Non è il mio modo di fare. Ma certo non posso negare che, dopo un anno, provo amarezza nel vedere come mio padre sia stato abbandonato dalle istituzioni», conclude.
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