«Dicesi maestro chi non ha nessun interesse culturale quando è solo» sosteneva Don Milani, che condivide con Italo Calvino e Giovanni Testori l’anno di nascita, il 1923. Se Ravenna Festival rende omaggio ai due scrittori – il primo fin dal titolo di questa XXXIV edizione della manifestazione, il secondo con un trittico di spettacoli su suoi testi – il centenario della nascita del priore di Barbiana è invece al centro dell’incontro in programma martedì 13 giugno, alle 18, nel Chiostro del Museo Nazionale.
La riflessione è affidata a Eraldo Affinati, che nella frase di Don Milani sulla natura del “maestro” ha riconosciuto la necessità di una cultura e una letteratura che non vivano solo di se stesse e per se stesse, ma nel confronto con gli altri e in special modo con le nuove generazioni. Il titolo dell’appuntamento – L’uomo del futuro, riprende quello del libro di Affinati, finalista al Premio Strega 2016. Ad affiancare lo scrittore Margherita Rondinini come voce recitante, mentre Giorgio Gualdrini introduce l’incontro. L’appuntamento, a ingresso libero, inaugura la dodicesima edizione della Via Sancti Romualdi, un percorso di eventi organizzato dall’Associazione Romagna-Camaldoli.
«Caro Michele, caro Francuccio, cari ragazzi, (…) ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto. Un abbraccio, vostro Lorenzo»: queste righe, scritte poco prima della morte all’età di 44 anni, appartengono al testamento di un uomo che aveva scelto di dedicarsi interamente alle comunità povere a cui era stato assegnato. L’impegno di Don Milani per la giustizia e l’uguaglianza è ben sintetizzato nella notissima dichiarazione: «il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia».
È questo profondo, pervasivo senso di responsabilità di fronte al mondo che definisce anche la visione culturale di Don Milani: la cultura non è tale se non è condivisa e se non rifiuta ogni elitarismo – tutti vanno a scuola e tutti fanno scuola, perché le stesse relazioni umane sono un’occasione di crescita. Don Milani comprende, insomma, quanto è ormai evidente a noi tutti, cittadini del terzo millennio: nessuna vita è isolata dalle altre, ma siamo tutti responsabili per gli altri in questo nostro mondo interconnesso.
Nato in una colta famiglia borghese, residente prima a Firenze e poi a Milano, Lorenzo si dedica inizialmente alla pittura, iscrivendosi anche all’Accademia di Brera, ma il ritorno nella città natale, a causa della guerra, gli offre l’occasione di incontrare un autorevole sacerdote fiorentino, don Raffaello Bensi, che sarà la sua guida spirituale. Nel ’43 entra in seminario ed è ordinato prete quattro anni più tardi. Per un breve periodo è a Montespertoli, poi a San Donato di Calenzano, dove fonda una scuola popolare serale per operai e contadini.
Nel 1954 diventa priore di una piccola parrocchia di montagna: Barbiana. Qui raduna i giovani della parrocchia con una scuola popolare simile a quella di San Donato. Il suo libro Esperienze pastorali (1958) è ritirato dal commercio per disposizione del Sant’Uffizio, perché ritenuto lettura “inopportuna”. Il processo che incrimina Don Milani per una lettera con cui si era rivolto a cappellani militari contrari all’obiezione di coscienza prima lo assolve e poi, quando è già morto, lo condanna.
Eraldo Affinati è critico letterario, saggista, giornalista, scrittore e docente in un istituto superiore. Nel 1992 pubblica il suo primo saggio, Veglia d’armi. L’uomo di Tolstoj e l’anno successivo esordisce in narrativa con il romanzo Soldati del 1956. Nel 1997, con Campo del sangue è finalista dei premi Strega e Campiello; negli anni ha ricevuto numerosi altri riconoscimenti, fra cui il Premio Pisa e il Grinzane Cavour. Ha curato l’edizione completa delle opere di Mario Rigoni Stern, Storie dell’Altipiano, per la collana I Meridiani. La sua esperienza di insegnante include quella presso la scuola-comunità Città dei Ragazzi di Roma.
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