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Al Mic di Faenza, la mostra sui 50 anni di carriera di Nino Caruso. Aperta dal 28 maggio al 9 ottobre

Una nuova mostra organizzata dal MIC di Faenza  in collaborazione con i musei giapponesi di Kyoto e Mino è dedicata a Nino Caruso artista eclettico, scrittore, ceramista e designer scomparso nel 2017. La mostra , a cura di Claudia Casali, Tomohiro Daicho e il supporto dell’Archivio Nino Caruso verrà inaugurata il 28 maggio e resterà aperta fino al 9 ottobre.

Saranno circa cento le opere esposte che documentano gli oltre 50 anni di attività dell’artista che grazie alla sua sperimentazione, la sua ricerca artistica e i suoi studi sull’arte ceramica lo hanno reso famoso a livello nazionale e internazionale.

La sua ampia produzione mostra un’attenzione particolare alle tematiche dell’antico applicate alla modernità. Già dai lavori degli esordi, negli anni ’50, considerati primitivi e picassiani, emerge uno studio sulla tradizione rivisitata successivamente nelle produzioni più legate al design, all’applicazione in spazi urbani e architettonici.

Caruso ebbe un’attività artistica ed espositiva ricchissima che affiancò a quella didattica ed editoriale. È l’autore dei più importanti manuali di ceramica – tradotti in tutto il mondo – e i suoi interventi pubblici sono disseminati tra la Galerie Les Champs di Parigi e la Chiesa Evangelica a Savona, il Giappone, presso il parco di Shigaraki, l’Ospedale di Tokai e City Hall, e il Portogallo, presso La Rotunda di Coimbra. Le sue sculture si trovano alla stazione ferroviaria di Gijon, in Spagna e nella stazione della metropolitana di Marsiglia.

La sua grande passione per la ceramica si tradusse in un altrettanto impegno promozionale di valorizzazione di questa antica tecnica. Negli anni Settanta fondò il Centro Internazionale di Ceramica e affidò la presidenza a Gio Ponti. Il centro, fino al 1985, fu il punto di riferimento per molti artisti e studiosi di ceramica italiani e stranieri. Inoltre, nel 1982, fu invitato dalla Rai a condurre dieci puntate sull’arte ceramica che lo resero molto popolare anche tra i non addetti ai lavori.

Comincia a dedicarsi all’arte a metà degli anni Cinquanta quando Salvatore Meli, anche lui siciliano, lo introdusse a Villa Massimo a Roma. Qui conosce Guttuso, Leoncillo e Mazzacurati e gli altri artisti dell’avanguardia romana che ovviamente lo influenzarono. “Dall’incontro con Meli, lavorando per lui, – ricorda Caruso – iniziai a sviluppare il mio linguaggio artistico”.

La sua carriera personale si sviluppa a partire dal 1965 quando ebbe l’intuizione di usare il polistirolo per realizzare stampi a colaggio in cui versare l’argilla ideando un metodo di lavoro che si tradusse in uno stile personale fondato sul modulo che poi applicò a tutto il suo lavoro: dalla scultura al design fino ai pannelli decorativi applicati all’architettura.

Fondamentale fu per lui la riscoperta di civiltà antiche e delle loro sapienti tecniche come quella etrusca e quella giapponese che poi applico alla propria ricerca artistica in costante dialogo con il passato.

Il suo lavoro in particolare in Giappone ebbe molto successo. Fu premiato al Concorso Internazionale di Ceramica di Nagoya nel 1973, e nel 1982, venne dedicata alle sue opere una mostra itinerante a Kyoto alla Asahi Gallery, al centro di ricerca di Tokoname, e all’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo.

Ogni venerdì di giugno, alle ore 18, visita guidata aperitivo (inclusa nel prezzo del biglietto).

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