Agata Tomšič e Davide Sacco: un teatro politico-estetico che guarda al futuro

Il percorso artistico di Agata Tomšič e Davide Sacco

Foto: Davide Sacco e Agata TomšičAgata Tomšič e Davide Sacco fondono la loro vita privata con la loro passione e il loro lavoro nel teatro: drammaturga, attrice e teorica lei, regista teatrale e musicista lui.

Nel 2010, forti di esperienze teatrali condivise insieme, fondano a Ravenna la compagnia teatrale ErosAntEros, di cui sono direttori artistici, animata da una ricerca rivolta al teatro impegnato con l’obiettivo di agganciare il teatro alla vita e fare dell’immaginazione un’arma per trasformare il reale.Sin dagli esordi sono stati coinvolti in importanti progetti internazionali tra cui il Festival d’Avignon, il F.I.N.D. plus festival della Schaubühne di Berlino, l’Odin Teatret/Nordisk Teaterlaboratorium di Holstebro in Danimarca e il Grotowski Institute di Wroclaw in Polonia.Nel 2020 sono stati consulenti teatrali della candidatura a Capitale Europea della Cultura di Piran2025, guidando un progetto con una rete di partner europei di massimo rilievo ed occupandosi dell’ideazione, dello sviluppo e della direzione artistica del Centro Istriano Internazionale per le Arti Performative Contemporanee.Dal 2018 organizzano a Ravenna POLIS Teatro Festival, di cui sono anche ideatori, che, sotto la loro direzione, ospita artisti di rilevanza internazionale e realizza progetti partecipativi che prevedono il coinvolgimento dei cittadini per sensibilizzarli sui temi urgenti del presente e renderli spettatori attivi e consapevoli.Quest’anno il festival torna nella nuova veste di festival internazionale di teatro contemporaneo, dopo due anni in cui a causa del Covid è stato trasformato dapprima in convegno online nel 2020 e poi messo in scena con una programmazione ridotta l’anno scorso, ospitando le prime italiane di alcuni maestri internazionali e un focus internazionale sulla drammaturgia francese. Il festival inaugura proprio oggi, giorno ideale quindi per approfondire con Agata e Davide il loro lavoro e i progetti per il futuro.Come è nata la vostra passione per il teatro?

A «Io ho deciso abbastanza presto. Da bambina sono stata attratta da tutte le arti, la letteratura, ho studiato pianoforte e danza per quasi 8 anni, disegnavo in continuazione, scrivevo poesie, ma la “scelta” per il teatro è arrivata alla fine delle superiori e da lì non ho più smesso di inseguirla. Mi sono iscritta al DAMS di Bologna, ho frequentato laboratori con alcuni degli artisti più interessanti della scena contemporanea, fino a incontrare Davide nel 2010 e decidere di dedicare al nostro patto artistico la mia vita».

 

D «Per me si è trattato di lungo percorso che è partito probabilmente dagli studi di musica classica che ho seguito da bambino; che è continuato con il gettarmi a capofitto nel mondo della musica alternativa di ogni genere, soprattutto i più estremi e underground, a partire dall’adolescenza; che si è sviluppato nell’incontro con quella che chiamiamo musica colta contemporanea, con il cinema d’autore, con le arti visive, la performance, le installazioni, la videoarte; e che soltanto dopo gli studi universitari è arrivato a coagularsi nella forma teatro. Da lì è partita un’immersione totale nel teatro e la mia fortuna è stata quella di potermi nutrire di collaborazioni ed esperienze laboratoriali con alcuni tra i principali artisti e gruppi della scena teatrale contemporanea italiana ed europea. Poi nel gennaio del 2010 con Agata abbiamo dato vita a ErosAntEros e le nostre vite sono diventate tutt’uno con il nostro percorso d’arte teatrale».[vc_single_image image=”10343″ img_size=”full” add_caption=”yes”]Nel 2010 avete fondato la compagnia ErosAntEros. Un nome significativo per un teatro impegnato senza rinunciare al valore estetico della forma. Ce ne parlate?

A e D. Il nome ErosAntEros racchiude in sé sia la forza dialettica del teatro politico che perseguiamo sia l’amore per la ricerca sulla forma che nutre tutti i nostri spettacoli. Secondo la mitologia, Eros, dio dell’amore, non riusciva a crescere, per cui sua madre Afrodite, decise di mettere al mondo un altro figlio Anteros – l’amore corrisposto – per permettere al primogenito di crescere grazie al suo amore. Nel nostro nome di compagnia, però anche la seconda “e” viene scritta in maiuscolo, per sottolineare il prefisso oppositorio ant-, che suggerisce un secondo significato di Amore versus Amore o di anti-amore. Questo perché crediamo che la nostra pratica artistica, come ogni forma di creazione, possa crescere non solo con la comunione degli intenti, ma anche nello scontro dialettico tra diverse posizioni che, unite, possono portare una sintesi certamente più interessante e complessa di due tesi che vanno nella stessa direzione.Siete ancora giovani, ma con tanta esperienza alle spalle in progetti anche internazionali. Quali sono state le tappe più rilevanti del vostro percorso?

A e D. (Ridono) Davide si inalbera sempre quando ci dicono che siamo “ancora giovani”, perché in effetti siamo entrambi over35 e lui da diversi anni, ma in Italia purtroppo il sistema teatrale e politico-culturale è talmente incancrenito che un artista è considerato una giovane promessa anche oltre i 50 anni, mentre negli altri Paesi europei i nostri coetanei sono da anni, a volte decenni, artisti associati o direttori di importanti teatri nazionali e fondazioni pubbliche.

Ciò che accomuna il nostro percorso, anche da prima che ci incontrassimo, è l’attenzione per le arti performative contemporanee: entrambi ci siamo, infatti, formati attraverso laboratori e collaborazioni con le compagnie italiane di teatro di ricerca, per cercare poi insieme di accrescere il nostro bagaglio artistico attraverso esperienze di teatro contemporaneo internazionale. Gli incontri più significativi sono stati in questo senso con i maestri dell’Odin Teatret – in particolare Eugenio Barba, Julia Valrey e Roberta Carreri, al cui insegnamento e dedizione dobbiamo molto nonostante le nostre estetiche siano differenti –, la Schaubuhne di Berlino e il Festival D’Avignon in Francia, di cui siamo stati ospiti come giovani artisti, grazie a due diversi progetti di cooperazione internazionale di importanti istituzioni teatrali europee. Ma anche il percorso di candidatura a Capitale Europea della Cultura di Piran2025, che per un anno e mezzo ci ha visti protagonisti in qualità di direttori artistici di uno dei suoi progetti più ambiziosi, la creazione di un Centro internazionale per arti performative contemporanee all’interno di un complesso di ex magazzini del sale sulla costa slovena, che ha potuto vantarsi del supporto di ben 29 tra i più prestigiosi teatri e festival europei. Un’esperienza importantissima per noi, quasi una scuola di progettazione culturale internazionale, che ha rafforzato i nostri rapporti a livello europeo e ci ha fatto crescere come direzione artistica sia sui nostri progetti di compagnia sia per il festival POLIS che da cinque anni dirigiamo a Ravenna.Oltre ai tanti riconoscimenti, Agata, in particolare, hai curato diverse pubblicazioni tra cui il saggio “Per un nuovo teatro politico-estetico. Dieci anni di ErosAntEros attraverso quattro dicotomie” che si è aggiudicato il secondo premio al Concorso d’Arte e di Cultura “Istria Nobilissima” 2020. Come si concilia teatro e scrittura?

A «Nella mia vita, l’unica cosa di cui sento costantemente la mancanza è il tempo. Non tanto per la difficoltà di conciliare il mio lavoro di drammaturga o attrice con quello di studiosa o teorica, ma per il tempo di farlo che troppo spesso mi manca. Infatti, nonostante il nostro crescente riconoscimento artistico, dal punto di vista organizzativo siamo ancora una realtà molto piccola (a causa dei contributi pubblici non adeguati al livello attuale delle nostre attività) e troppo lavoro amministrativo, burocratico e logistico ricade ancora quasi esclusivamente sulle nostre spalle. Ciò vuol dire che spesso siamo costretti a rinunciare a sviluppare progetti, idee di scrittura (negli anni ho accumulato decine di progetti per nuovi testi o saggi teatrali, che non ho poi avuto il tempo di sviluppare), ma anche a ricercare più profondamente le nostre possibilità artistiche, un po’ anche perché non abbiamo un luogo teatrale “nostro” in cui poter sperimentare al di fuori dei momenti di produzione degli spettacoli. La paura è che a causa della nostra condizione di artisti proletari e “senza santi in Paradiso”, questo momento privilegiato di lavoro e ricerca non arrivi mai per noi. E questo è un punto che purtroppo molti artisti delle generazioni precedenti, che hanno avuto possibilità diverse, stentano a capire».[vc_single_image image=”10344″ img_size=”full” add_caption=”yes”]Dal 2018 curate POLIS Teatro Festival, che inaugura oggi, un evento che non porta semplicemente in scena degli spettacoli, ma coinvolge gli spettatori nel processo di selezione rendendoli attivi e consapevoli. In cosa consiste questo progetto?

A e D. «POLIS è nato cinque anni fa come un piccolo progetto sul territorio che voleva mettere al centro il teatro contemporaneo e la partecipazione attiva dei cittadini. In questi anni è cresciuto insieme a noi, moltiplicando i propri progetti fino a diventare un importante festival teatrale di rilevanza nazionale, che vede nel 2022 per la prima volta al centro del proprio programma la scena contemporanea europea con personalità di massimo rilievo come Pascal Rambert e Ivica Buljan. Ma POLIS è anche, sin dal nome, un tentativo per riavvicinare l’arte teatrale alla società e condividere con le persone ciò che si nasconde dietro di essa. Per questo dal 2019 abbiamo avviato a Ravenna il progetto Visionari che attraverso un esercizio di democrazia e di condivisione, affida la scelta artistica di parte del programma del festival agli spettatori “visionari” che anno dopo anno prendono parte al progetto. Un gruppo di circa 30 persone che visiona 200-400 video di spettacoli prodotti negli ultimi anni (raccolti tramite bando nazionale dalla rete L’Italia dei Visionari di cui POLIS è partner insieme al Festival Ammutinamenti) e che ha scelto tra di essi per l’edizione 2022 del festival, i 2 spettacoli che verranno programmati il 6 e il 7 maggio al Teatro Socjale di Piangipane».Fare teatro in centri minori può essere una sfida, sicuramente vinta per voi, che si lega al concetto di teatro in relazione con i territori. In questo come ha risposto Ravenna e cosa si potrebbe migliorare?

A e D. «Ravenna è una città ricchissima dal punto di vista culturale, ma proprio per questo difficile da abitare con nuove progettualità. Noi abbiamo trovato negli anni un ambito che ancora non era stato calcato sul territorio, la programmazione di un festival di teatro contemporaneo internazionale, e che quest’anno in particolare sta riscuotendo molto interesse nel panorama teatrale nazionale per la qualità del programma che propone. Ma è molto difficile lavorare nelle condizioni in cui operiamo portando a Ravenna le più importati proposte teatrali europee e se non fossimo così folli da lanciare costantemente i nostri cuori oltre gli ostacoli, probabilmente neanche un decimo di ciò che facciamo si realizzerebbe. Ci dispiace che a volte il nostro sforzo non venga compreso fino in fondo e proprio perché operiamo in condizioni precarie svolgendo più mansioni all’interno della nostra realtà, veniamo trattati come se fossimo ancora “giovani” o all’inizio, anche quando la qualità del nostro lavoro non ha nulla da invidiare a strutture con molti più dipendenti e risorse economiche. C’è poi a Ravenna un problema noto e condiviso di carenza di spazi per la produzione e la programmazione teatrale. Speriamo che con il nuovo bando di convenzioni culturali del Comune di Ravenna e con le richieste di contributo triennali appena inoltrate a Ministero della Cultura e Regione Emilia-Romagna la nostra realtà potrà finalmente godere di un sostegno più consono alle proprie attività. E magari, in un futuro non troppo lontano, di una sede in cui collocare le molteplici attività partecipative e produttive del festival durante tutto l’anno».

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