Esce oggi per le edizioni Fernandel “L’Alsìr”, il Romanzo balneare d’esordio del giovane scrittore Iacopo Gardelli che si guadagnerà un posto nelle scintillanti vetrine delle librerie d’Italia senza aver nulla da invidiare ai pluripremiati.
“L’Alsìr” è un romanzo corale, che racconta la storia di due famiglie di diversa estrazione sociale che, per volere del caso, si trovano vicine di ombrellone nel piccolo bagno da cui il romanzo prende il nome. Il racconto di una vita – 20 anni per la precisione – durante i quali il lettore accompagnerà i personaggi in una costante crescita e un continuo mutamento, avviluppati, come ogni essere umano in un guazzabuglio di problemi, gioie e riflessioni. Un plauso di vero cuore al giovane Gardelli, che di lavoro ne ha fatto tanto e lo ha fatto incredibilmente bene; proprio per questo abbiamo deciso di raccogliere qui 10 motivi per i quali vale veramente la pena leggere questo romanzo.Impeccabile è dir poco, uno studio finissimo, non solo per l’attenta ricerca linguistica che ha dato vita a una lingua “inedita e meticcia”, come lo stesso giovane autore dichiara, con commistioni fra l’italiano, il dialetto romagnolo, bolognese e non solo (l’attenta ricerca ha portato all’utilizzo di espressioni derivanti dal toscano, piemontese e veneto). Ma anche una splendida capacità di utilizzo delle figure retoriche, che donano al fortunato esploratore delle pagine una piacevolissima e appagante lettura.
Come nello stile, anche nella narrazione la cura del dettaglio è mirabile, come lo è la struttura del testo, lo studio della suddivisione temporale, la precisione con cui l’autore ha posizionato momenti corali, riflessioni intime, descrizioni, digressioni storico/temporali, battute. Tutto è curato con precisione millimetrica e risulta assolutamente naturale, spontaneo, come se non potesse essere diversamente, lasciando la sensazione di un caldo abbraccio.
Un libro sottolineato allo sfinimento per mille motivi. Fra questi le descrizioni stupende che Iacopo ci offre del mondo, della natura, delle persone dalla più grande alla più piccola cosa senza distinzioni. La descrizione di un canale si avviluppa alla storia di uno stato, la costruzione di castelli di sabbia si trasforma in un divertente resoconto di cantiere, una gara di racchettoni all’Alsìr non ha nulla di invidiare a quella di Wimbledon.
I caratteri e le opinioni più variegate si intrecciano, si confondono e si disuniscono in una continua danza per tutto il romanzo, come se dei fili invisibili tramassero un ricamo sconosciuto a tutti, anche agli stessi protagonisti. Alessandro e Guido – come dice il caro Pachito – hanno una connessione mentale unica: si completano, uno compensa i difetti dell’altro; ma come in tutte le migliori squadre anche loro affrontano i loro alti e bassi, e poi si cresce. Teresa e Caterina vivono due mondi paralleli che si incontrano solo lì, sotto l’ombrellone, eppure estate dopo estate tengono saldo il filo che le unisce puntando sulla frivolezza dei discorsi. Ivan e Berto sono due poli opposti, il portuale comunista deluso dalla società e dalla politica moderna e il saggio medico, chiuso in sé stesso che offre i frutti delle sue riflessioni sull’esistenza solo ai meritevoli e puri di cuore. La piccola Elena, la pecora nera, incompresa e chiusa in se stessa, la descrizione di una generazione indecisa, persa ma non per questo meno attenta o riflessiva.
«Alle volte mi sembra persa nel mondo, altre volte, invece, pare che sappia qualcosa che nessuno di noi sa».
Anche Guido, il nostro piccolo protagonista, merita una posizione in questa classifica. Le sue riflessioni, la visione del mondo attraverso i suoi occhi, meritano un riconoscimento. Indiscutibile il destino da scrittore del piccolo Montanari: lo si capisce fin da subito, nella vicenda della lucertola, ad esempio, nella sua grande passione per la lettura o per la sua riflessione sulla biglia.
«La teneva stretta fra il pollice e l’indice, un occhio chiuso per vedere meglio il viso del ciclista intrappolato dentro, e non riusciva a decidere se la vita di quel corridore fosse bella o brutta».
Credo che la struttura temporale scelta per questo romanzo renda il tutto più dinamico. Quando si finisce un capitolo non si vede l’ora di andare avanti, di sapere che cosa accadrà a fine estate o nell’estate successiva: cosa è successo in quei due anni? Cosa è cambiato? Come sono cresciuti? E si continua a leggere, alla ricerca della risposta, finendo di un fiato tutto il libro.
Se si legge “L’Alsir”, vuol dire che si è già saltata la primavera e ci si trova al caldo sole del dopo pranzo, “appalugati” sul lettino del bagno a Marina di Ravenna, lungo la via alla ricerca di un parcheggio introvabile, sulle dune. Risucchiati dalla musica assordante delle serate estive, non ci sono alternative, l’immedesimazione è totale, tanto che sembra di vagare, come comparsa, ai margini della scena, salutando Francò, mangiando i bruciatini di Jorio e osservando le vicende dei Malagola e dei Montanari durante una partita di carte.
Le questioni sociali e politiche fanno da sfondo alla storia: troviamo D’Alema già nelle prime pagine, Berlusconi, Pantani, la guerra in Iraq, la morte del figlio di Grossman, la crisi del 2008. Tutte situazioni che spesso aprono piccole discussioni e riflessioni fra i personaggi. Uno spaccato di mondo molto recente e vicino a noi, che tutti ricordiamo e abbiamo vissuto.
Ravenna non viene mai nominata, ma è riconoscibilissima anche all’occhio meno attento: la spiaggia, il Canale Candiano con la sua storia, il Capanno Garibaldi, la festa dell’Unità al Pala de André con le mani rapaci del Grande Ferro R di Alberto Burri che spuntano dal cemento, la palude. Descrizioni attente e minuziose della città di origine del nostro autore. Come un caldo abbraccio, ci trascinano e ci accompagnano attraverso le pagine del libro, sono i luoghi che conosciamo e che viviamo ogni giorno e che ci fanno sentire a casa.
Nel complesso, il motivo principale per cui leggere questo testo è il piacere della bellezza, fra la natura, i rapporti umani, i pensieri e i piccoli gesti. Tanti sprazzi di bellezza che – riflettendoci bene – fanno parte costantemente della nostra vita quotidiana e non siamo capaci di cogliere. Il nostro abile scrittore ce li serve su un piatto d’argento, probabilmente per spingerci a osservarla autonomamente, quasi un come un dolce monito, proprio come ci ricorda Berto:
“C’è poco tempo per la bellezza, Guido”In breve, 4,5 stelline su 5 a Iacopo Gardelli e al suo romanzo balneare, non come nota di demerito ma come sfida per spronarlo a regalarci un’altra perla letteraria, per conquistarsi il voto pieno.
Ultimo apprezzamento speciale per la copertina di Stefano Bonazzi: delicata, semplice e assolutamente perfetta come sipario a questo stupendo romanzo che non può mancare nella vostra libreria.
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