Una trentina di abbonati hanno partecipato alla prima edizione di “In viaggio con Ravenna Teatro”

Protagonista di questa prima edizione è stata la compagnia dell'Elfo per scoprire realtà teatrali con cui si condividono percorsi e visioni sul teatro dell’oggi

Foto: Facciata, ex Chiesa Santa Chiara ora Teatro Rasi – Nicola Quirico, Wikimedia Commons

Ravenna Teatro ha proposto la prima edizione di In viaggio con Ravenna Teatro, un percorso a cadenza annuale rivolto ai propri spettatori e a tutti gli interessati alla scoperta di realtà teatrali con cui si condividono percorsi e visioni sul teatro dell’oggi.

Dopo la ripartenza degli spazi teatrali, Ravenna Teatro ha pensato anche ad una partenza “fisica” alla scoperta di realtà che intrecciano percorsi simili al proprio. Ne è nato quindi In viaggio con Ravenna Teatro, un progetto che intende mettere al centro la relazione con lo spettatore e che ha visto una prima edizione nel week end del 21-22 maggio in collaborazione con il gruppo Viandando.Protagonisti di questo primo appuntamento, a cui hanno partecipato una trentina di abbonati della stagione appena conclusa – sono stati la compagnia dell’Elfo e la sua “casa” – il teatro dell’Elfo Puccini, in pieno corso Buenos Aires – e Olinda, ex ospedale psichiatrico Paolo Pini che oggi è centro culturale e sede di attività come TeatroLaCucina, bar, ristorante, ostello e residenze artistiche. Due realtà individuate non a caso per questo primo viaggio: il Teatro dell’Elfo di Milano è stato il primo, in Italia, a scegliere la formula di impresa sociale, mentre Olinda è uno spazio che, da chiuso, si è trasformato in centro di inclusione e inserimento lavorativo con l’obiettivo di ricostruire accessi ai diritti di cittadinanza per persone con problemi di salute mentale anche grazie a Ravenna Teatro.Poco dopo la sua costituzione, infatti, il fondatore di Olinda, lo psichiatra svizzero Thomas Emmenegger, ha ricercato la collaborazione della non-scuola per riconvertire l’area dismessa del manicomio in una fucina culturale e artistica diventata, da periferica, parte del centro della città. A tal proposito, una delle iniziative di punta è la rassegna teatrale Da vicino nessuno è normale, voluta nel 1997 da Rosita Volani, direttrice artistica.Ad accogliere il gruppo, nella prima giornata di sabato 21, è stato Fiorenzo Grassi, co-direttore di Teatro dell’Elfo, che ha illustrato gli spazi e le tre sale in corso Buenos Aires compiendo un viaggio a ritroso nel teatro milanese dagli anni ’60 ad oggi, tra mostri sacri e sperimentazioni che hanno fatto la storia del teatro italiano. «Ci siamo trasformati in impresa sociale – ha spiegato Grassi – e facciamo parte del terzo settore perché siamo profondamente convinti che il teatro sia un servizio di utilità sociale», concetto che lega la realtà milanese a Ravenna Teatro.In serata, dopo un aperitivo servito a Bistrolinda, spazio interno al teatro Elfo Puccini gestito da Olinda, il gruppo ha assistito alla prima nazionale Tre donne alte di Edward Albee, interpretato da Ida Marinelli. Il giorno successivo, dopo la visita alla mostra Joaquìn Sorolla – il pittore della luce a Palazzo Reale, ci si è spostati a Olinda, dove – al termine di un pranzo preparato negli spazi di quello che era l’ex obitorio e che oggi è la cucina di un ristorante diventato punto di riferimento per la città – Emmenegger e Volani hanno letteralmente preso per mano il gruppo portandolo in visita nell’immenso parco che contiene un ostello, ex padiglioni oggi riconvertiti in strutture usate dal servizio pubblico, orti, una chiesa copta ortodossa eritrea e un teatro restaurato dall’architetto Carlo Carbone, lo stesso che ha portato a nuova vita il Rasi.«Quando ci è stato concesso questo spazio – ha spiegato Volani – i dubbi erano molti, poi abbiamo capito che poter gestire un cancello in completa autonomia era una fortuna enorme. Il presidente ha portato come prima cosa un tavolo da ping pong in quella che era la camera delle autopsie e da lì abbiamo iniziato a rimettere mano a tutto. Per noi la ‘testa d’ariete’ è sempre stata la cultura, il modo per attirare la città in periferia. Il rapporto con Ravenna Teatro è quindi venuto naturale».Due centri vivi, che vedono nella relazione con l’altro il senso del proprio esistere. «Se non c’è il corpo vivo dell’attore, se non c’è quello dello spettatore, non c’è il teatro», sostiene da sempre Marco Martinelli, anima del teatro delle Albe insieme ad Ermanna Montanari, “motori” di Ravenna Teatro. «In questi mesi di Coronavirus, questa affermazione può suonare strana, ma anche oggi contiene l’essenziale, come trent’anni fa, come tremila anni or sono».«Siamo molto soddisfatti – ha concluso Alessandro Argnani, co-direttore di Ravenna Teatro che proprio 14 anni fa ha inaugurato la non-scuola a Olinda -: per noi si è trattato di un esperimento riuscito, la prima edizione di un percorso che intendiamo perseguire per favorire la conoscenza del teatro non solo attraverso il palco, ma anche tramite i rapporti umani con chi il teatro lo porta in scena e crede che lo si possa incarnare solo attraverso il confronto con lo spettatore».

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