Foto: Luca Dal Pozzo, presidente di Confcooperative Federsolidarietà Emilia Romagna.Le cooperative sociali dell’Emilia-Romagna si sono sin da subito mobilitate per accogliere i profughi provenienti dall’Ucraina. In alcune città o piccoli centri della regione sono già arrivati i primi nuclei familiari, ospitati all’interno delle strutture di accoglienza, in accordo con Prefetture, Regione e Amministrazioni comunali. Nei prossimi giorni si attende l’arrivo di numerosi altri profughi e si stanno predisponendo i posti di emergenza che le cooperative sociali aderenti a Confcooperative Federsolidarietà Emilia Romagna possono mettere a disposizione.Sapendo di poter contare su un sistema di accoglienza organizzato, che negli ultimi anni è cresciuto in termini di efficienza e capacità di inclusione, le Istituzioni pubbliche si sono rivolte alle cooperative sociali presenti nelle varie province che già da anni sono impegnate nella gestione di queste emergenze.«Ancora una volta la cooperazione sociale dimostra di poter assicurare risposte tempestive e qualificate ai drammatici bisogni di persone che fuggono da violenze, soprusi e distruzione – commenta Luca Dal Pozzo, presidente di Confcooperative Federsolidarietà Emilia Romagna -. Le nostre imprese si sono messe subito a disposizione in una logica di supporto sussidiario alle Istituzioni pubbliche, consapevoli di dover affrontare anche difficoltà burocratiche, logistiche e gestionali»Da questo punto di vista, Dal Pozzo sottolinea alcune esigenze impellenti. «Confidiamo che siano confermate le rassicurazioni sulla semplificazione delle procedure di accoglienza – sottolinea il presidente di Confcooperative Federsolidarietà Emilia Romagna – va infatti garantito lo status di rifugiati ai profughi in arrivo dall’Ucraina così da ottenere la protezione internazionale ed evitare le richieste di asilo che intasano le commissioni territoriali, deve essere favorita la possibilità per aziende o famiglie italiane di dare lavoro a queste persone, infine occorre una forte attenzione sul fronte sanitario in funzione anti-Covid, promuovendo la vaccinazione all’interno di una popolazione che vi ha aderito in maniera inferiore rispetto alla nostra».«Dal punto di vista logistico – continua Dal Pozzo – siamo impegnati a reperire un sufficiente numero di alloggi e strutture per ospitare le famiglie ucraine, grazie alla rete di accoglienza già presente nei territori e che coinvolge le cooperative di settori diversi (come quello dell’abitazione), altre realtà del Terzo Settore, le Caritas, le parrocchie e tutto il mondo del volontariato. Occorrono spazi adeguati per questi nuclei, che difficilmente possono essere ospitati in grandi centri. Ma, come abbiamo sempre ribadito, il nostro compito non si limita a garantire un tetto: siamo infatti chiamati a promuovere progetti di inclusione e integrazione per inserire queste persone all’interno del nostro tessuto sociale ed economico».In queste ore sono in corso i necessari approfondimenti con le Autorità per predisporre strutture, spazi e servizi da destinare all’accoglienza dei cittadini ucraini. «Come accaduto l’estate scorsa con le famiglie in fuga dall’Afghanistan – conclude Dal Pozzo -, le cooperative sociali stanno mettendo in campo uno sforzo duplice: trattandosi in gran parte di nuclei familiari composti perlopiù da donne, bambini e anziani, occorre prevedere una pluralità di servizi di sostegno così da rispondere a tutte le diverse categorie di persone coinvolte».