Un Teatro Alighieri gremito, malgrado gli inviti fossero rigorosamente su invito, ha accolto il presidente della Repubblica in occasione delle celebrazioni per il centenario dell’assalto squadrista alla Federazione delle Cooperative della provincia di Ravenna, avvenuto nella notte tra il 27 e i 28 luglio 1922, ad opera dei fascisti guidati da Italo Balbo. Per Sergio Mattarella è la terza volta nell’ex capitale bizantina.La prima risale al 2019 per la commemorazione dei trent’anni della morte di Benigno Zaccagnini, la seconda al 2020, in occasione dell’apertura delle celebrazioni dantesche. Già da giorni la città era pronta per la nuova visita e questa mattina il centro storico è stato ‘blindato’ con forze dell’ordine ovunque tra piazza del Popolo, piazza Garibaldi e Largo Firenze. Anche i ravennati o i turisti più distratti è risultato evidente l’arrivo di una personalità importante.Dopo essere atterrato all’aeroporto di La Spreta, il presidente è stato accompagnato al Palazzo della Provincia per una breve visita. Una scelta non casuale dato che proprio in quell’area un tempo sorgeva uno dei palazzi Rasponi, sede della Federazione delle Cooperative andata distrutta nel celebre “incendio dell’ignominia” di un secolo fa. Poi, ‘scortato’, dal sindaco e presidente della Provincia di Ravenna Michele de Pascale e dal presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonacchini, è entrato in teatro verso le 11.10. A salutarlo un caloroso applauso del pubblico e la registrazione dell’inno di Mameli, eseguito dall’Orchestra giovanile Luigi Cherubini e dal Coro di Piacenza sotto la guida del maestro Riccardo Muti.«La storia è parte di noi. Di ciascuno di noi. È alle fondamenta della nostra cultura, dei nostri ordinamenti, dei valori in cui ci riconosciamo e che costituiscono l’asse portante della società contemporanea», queste le parole con cui ha iniziato il suo intervento questa mattina il presidente della Repubblica. «La libertà di cui godiamo – prosegue –, la democrazia che è stata costruita, l’uguaglianza e la giustizia che la Costituzione ci prescrive di ricercare, sono tutte figlie di una storia sofferta e di generazioni che le hanno conquistate con dolore, sacrificio, impegno, consegnandole alla nostra cura affinché possiamo a nostra volta trasmetterne il testimone». Per chi non ha potuto assistere in presenza alla cerimonia, è stata organizzata la diretta streaming. Il teatro, infatti, è stato riempito oltre che dalle varie autorità, anche dai tantissimi rappresentanti del mondo delle cooperative.Dopo che Mattarella si è seduto in prima fila, dove sedevano anche il prefetto Castrese De Rosa e l’arcivescovo della Diocesi di Ravenna-Cervia Lorenzo Ghizzoni, è stato trasmesso il documentario “L’incendio alla libertà: l’assalto fascista alla cooperazione ravennate”. A fare gli onori di casa è stato il presidente di Legacoop Romagna Mario Mazzotti. «La sua presenza, presidente – dice – è il riconoscimento del ruolo politico, economico e sociale delle cooperative. Un mondo che oggi vale il 20% del Pil della provincia di Ravenna e che dà lavoro a circa 20 mila persone. Ne è stata fatta di strada dal lontano 1883, anno a cui risale la fondazione della prima cooperativa… L’assedio e l’incendio al palazzo della cooperazione è stato pianificato con cura perché al fascismo non poteva piacere chi praticava la democrazia e l’uguaglianza sul lavoro».A fare un vero e proprio excursus storico è stata poi Simona Colarizi, docente dell’Università La Sapienza di Roma. «La ‘Marcia su Roma’ – ricorda – è stata solo una tappa del percorso di violenza e terrorismo iniziato nel marzo 2019 con scontri tra interventisti e neutralisti. In una prima fase, tra i protagonisti c’è stato D’Annunzio, poi dall’ottobre 1920 è salito l’astro di Mussolini, esponente di un nazionalismo rivoluzionario e dell’interventismo». A nome dei ravennati, il sindaco de Pascale ha poi espresso gratitudine a Mattarella, da lui definito “guida sicura in questi anni burrascosi”. «La memoria è un prezioso strumento per comprendere il presente – afferma il primo cittadino – ed è importante trasmetterla alle nuove generazioni, le prime che non potranno ricevere testimonianze dirette della guerra come è invece capitato a tutti noi».Nel suo intervento il presidente della Regione ha voluto infine ricordare l’importanza del lavoro e della democrazia. «Di scontato e per sempre non c’è nulla – dice Bonaccini –, per questo bisogna lottare per difendere i valori della Costituzione. Senza lavoro non vi è dignità né possibilità di crescita sociale e collettiva. Di questo siamo convinti a Ravenna e in Emilia Romagna dove abbiamo sottoscritto, nel luglio 2015, il patto del lavoro, con oltre 60 firmatari aderenti. Come commissario di governo non rallenterò per nulla la mia azione perché i diritti sono di tutti. Ciò che il fascismo provò a distruggere, è rinato ed è arrivato fino a noi. Lei, presidente, è il primo custode di questi valori e riceverà sempre il massimo supporto dalla nostra comunità».[vc_gallery interval=”3″ images=”17292,17291,17290,17289,17293,17294″ img_size=”full”]