28 Set 2024 11:55 - Politica
Ravenna in Comune: «Piattaforma Paguro. Ricordare per non ripetere»
«Per giorni e giorni dalla città si videro le lingue di fuoco del gas che bruciava sul mare. Delle 38 persone che lavoravano sulla piattaforma in 3 non si salvarono. E ora arriva il rigassificatore»
di Redazione
«La piattaforma di perforazione Paguro nel 1965 stava esplorando il pozzo PC7 (ossia Porto Corsini 7), che si trovava a 25 metri di profondità, ad una distanza di 11 miglia dalla costa, di fronte alla foce dei Fiumi Uniti. Quando il 28 settembre 1965 la trivella raggiunse l’obiettivo, ci fu un’improvvisa eruzione di fluido. Oltre al giacimento, oggetto della perforazione, la trivella intaccò un secondo giacimento sottostante, non previsto, che conteneva gas ad altissima pressione.
Dalla colonna di perforazione si sollevò una colonna di acqua e fango, poi seguì il metano da 3.000 metri di profondità, che prese fuoco e distrusse ogni cosa, inabissando per sempre la piattaforma. Per giorni e giorni dalla città si videro le lingue di fuoco del gas che bruciava sul mare. Delle 38 persone che lavoravano sulla piattaforma in 3 non si salvarono: Arturo Biagini di 41 anni, Pietro Perri di 31 anni e Bernardo Gervasoni di appena 19 anni. Altri vennero recuperati feriti ma sopravvissero».
Ravenna in Comune «ricorda e chiede di ricordare che il gas metano ha portato lavoro nel nostro territorio ma è anche stato causa di danni alle persone e alle cose. La spinta economica rappresentata dall’industria estrattiva si è da molti anni ridotta per ragioni strettamente legate al profitto: le multinazionali del fossile, ENI in testa, hanno come unico fine far soldi e di Ravenna e dei suoi abitanti non importa loro nulla. Restano i danni, da quelli provocati dall’aumento dei gas serra alla subsidenza. E poi ci sono i rischi rappresentati da un materiale di pericolosissima natura, come la storia del Paguro ci insegna».
Il gas al largo di Ravenna e la vicenda Paguro
«Ora a Ravenna si sta realizzando un enorme hub per la rigassificazione. Non modificherà minimamente l’ineluttabile crisi dell’industria estrattiva locale perché tratterà gas metano proveniente da molto lontano, Stati Uniti in testa. Però piace tanto al grande capitale della speculazione finanziaria: il presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, il ravennate Antonio Patuelli, ad esempio, ne è entusiasta. Assicura, con un po’ di enfasi, che «Il porto di Ravenna sta conoscendo investimenti che non si verificavano da duemila anni, dai tempi di Augusto. Il rigassificatore e i fondali più profondi garantiscono un grande sviluppo». Se si considera che con la sua Cassa di Risparmio è uno dei principali privati a controllare SAPIR ed a condizionare lo sviluppo futuro del porto c’è da preoccuparsi…»
«Il porto commerciale, il turismo, ma anche la filiera off-shore e la pesca sono tutti settori economici che subiranno danni dalla realizzazione del rigassificatore (che potrebbe peraltro raddoppiare a breve). L’ambiente, la costa, l’entroterra, pure, ne subirà conseguenze. Il rischio di grande incidente industriale, per il quale avrebbe dovuto svolgersi un’approfondita indagine come previsto dalla normativa Seveso, non è stato indagato, come invece avvenuto per Livorno e Porto Viro. Perché è stato consentito di realizzarlo così vicino a riva, diversamente da Livorno e Porto Viro?
Perché lo si vuol far partire quando la grande diga di protezione non sarà ancora stata realizzata? Perché si va avanti con un’operazione non sostenibile economicamente che, ad oggi, è stata quantificata nel costo di un miliardo e trecento milioni di euro? Perché Ravenna, che già ospita 27 impianti a rischio Seveso concentrati in pochi chilometri, deve accollarsi anche quello che Piero Angela definiva “l’incidente più catastrofico immaginabile” che potrebbe accadere?»
«Ravenna in Comune ricorda i lavoratori rimasti uccisi 59 anni fa quando il Paguro smise di essere una piattaforma e diventò un disastro. Non ripetiamo l’errore di credere che ciò che è improbabile sia anche impossibile. A volte quello che è stato si può ripresentare in forme diverse ma anche peggiori. Il pericolo va riconosciuto prima che sia troppo tardi».
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