Ravenna e Romagna penalizzate dalla stretta al credito: cresce il pericolo usura

Cresce il pericolo usura in Romagna

La Romagna è l’area più penalizzata dalla stretta al credito che ha interessato, soprattutto negli ultimi due anni, piccole imprese e partire IVA.Emerge da uno studio della CGIA di Mestre che ha calcolato come a livello nazionale tra il 2021 e il 2022 gli impieghi vivi alle aziende con meno di 20 addetti siano scesi di 5,3 miliardi di euro (-4,3 per cento). Lo stock complessivo dei prestiti erogati a questo segmento di aziende è infatti passato da 124 a 118,7 miliardi di euro. Si tratta dei prestiti concessi dagli istituti di credito alle imprese di piccolissima dimensione. Una platea di micro imprenditori costituita in massima parte da esercenti, piccoli commercianti, artigiani e lavoratori autonomi.E Ravenna e la Romagna sono le aree più penalizzate da questa riduzione del credito. “Le realtà più colpite – evidenzia lo studio – sono state le due province della Romagna: Forlì-Cesena che ha visto diminuire il flusso dei prestiti del 9,48 per cento (-135,5 milioni) e Ravenna con il -10,36 per cento (-135,2 milioni)”.Delle 107 province italiane monitorate dall’elaborazione dell’Ufficio studi della CGIA, solo cinque presentano un risultato positivo. Si tratta di: Biella (+0,10 per cento), Caltanissetta (+0,14), Sassari (+1,49), Sud Sardegna (+1,61) e Nuoro (+3,98).Ma di chi sono eventuali responsabilità di questa stretta creditizia? Non tutte e non solo degli istituti di credito dice la CGIA secondo cui “sarebbe sbagliato accusare le banche di essersi “disinteressate” del popolo delle partite Iva. Il mondo del credito, purtroppo, nell’ultimo decennio ha subito molte restrizioni imposte dalla Banca Centrale Europea in materia di erogazione del credito.  Questi vincoli hanno aumentato enormemente la soglia del merito creditizio, allontanando tantissimi piccoli imprenditori dai canali ufficiali di approvvigionamento della liquidità”. Tutto questo comporta poi un altro grande rischio: quello dell’usura. La scarsa liquidità induce infatti sempre più piccole imprese e partite IVA a ricorrere a forme alternative di credito, non sempre legali e convenienti.“Per questo – osserva ancora lo studio della CGIA –  non  sono pochi quanti sono “caduti” nella rete tesa dagli usurai; un fenomeno, quello dello “strozzinaggio”, molto “carsico” e sempre più spesso “controllato” dalle organizzazioni criminali di stampo mafioso che, nei momenti di difficoltà, sono gli unici soggetti che dispongono di ingenti quote di denaro pronte ad essere immesse nel mercato economico”.

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