L’ultimo saluto a Cesare Moisè Finzi, testimone diretto della Shoah

Isola: «Cesare ci lascia ora una grande responsabilità: quella di trasmettere la Memoria di quegli orrori senza un testimone diretto»

Nella mattinata di oggi, giovedì 3 agosto, all’età di 93 anni, è scomparso Cesare Moisè Finzi, di religione ebraica, medico dell’ospedale faentino ma soprattutto impegnato per una intera esistenza a portare la testimonianza diretta della Shoah.

La storia di Cesare Moisè Finzi

Primario cardiologo all’ospedale di Faenza, era nato a Ferrara nel 1930 e all’età di appena otto anni, con l’introduzione delle leggi razziali, nel 1938, era stato espulso dalla scuola e costretto a fuggire per non essere deportato. Per scampare alle persecuzioni Finzi, nel 1943, fuggì dalla propria città con la sua famiglia e quella dello zio. A causa del coprifuoco dovettero fermarsi a Ravenna, trovando ospitalità e protezione presso la famiglia Muratori, conosciuta qualche mese prima.

La famiglia di Cesare Moisè Finzi e quella dello zio trovarono rifugio a Gabicce e grazie alla solidarietà di numerose altre famiglie romagnole e marchigiane, che fornirono loro documenti falsi, abiti e rifugi sicuri, sopravvissero alla guerra e alla deportazione. Dopo la Liberazione fecero ritorno a Ferrara, dove Cesare si iscrisse al liceo scientifico. Successivamente si laureò in medicina, dedicando la propria vita alla professione medica come cardiologo, creando poi nell’Ospedale di Faenza la prima unità coronarica della Romagna.

Cesare Moisè Finzi, dopo quella terribile esperienza vissuta nel periodo del nazifascismo, sentì l’obbligo morale di portare la sua testimonianza affinché quegli orrori non avessero a ripetersi mai più. Così, dall’istituzione della Giornata della Memoria, il 27 gennaio di ogni anno, Cesare Moisè Finzi si è sempre messo a disposizione dell’amministrazione manfreda impegnandosi in prima persona per portare la sua testimonianza di vita, in particolare ai ragazzi. Finzi è stato anche autore di due pubblicazioni: “Qualcuno si è salvato, ma niente è stato più come prima” e “Il giorno che cambiò la mia vita”. Negli anni ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Ravenna, Cattolica e Mondaino.

Cesare Moisè Finzi lascia la moglie Vera e i figli, Davide e Sara. I funerali si svolgeranno venerdì 4 agosto alle 11.30, al cimitero ebraico di Ferrara.

Il cordoglio del sindaco di Faenza, Massimo Isola

«La scomparsa di Cesare Moisè Finzi lascia un vuoto grandissimo nella città, nella comunità democratica civile romagnola e in quella ebraica italiana. – dichiara il sindaco Massimo Isola – Da oltre dieci anni ero legato personalmente a lui e assieme abbiamo incontrato centinaia di studenti vivendo la Giornata della Memoria senza alcuna retorica, ma sempre con passione e consapevolezza, portandoci a vivere momenti indimenticabili. Oltre alla sua straordinaria esperienza professionale che lo portò a guidare il reparto di cardiologia coronarica dell’ospedale di Faenza, Cesare Finzi ha dedicato larga parte della sua vita a trasmettere la cultura ebraica e il ricordo della Shoah. Per rendere sempre attuale la Memoria di quegli orrori, per lasciare traccia e consapevolezza nelle coscienze nelle generazioni future, non ci si può limitare a informare. Cesare Finzi aveva compreso quale fosse il miglior modo di arrivare prima al cuore che alla testa dei ragazzi: il racconto di chi aveva vissuto in prima persona gli orrori del nazifascismo e quello che aveva significato; nel suo caso costringendolo, ad appena otto anni, a ritirarsi dalla scuola solo perchè di religione e cultura diversa e portandolo a sfuggire per non essere internato nei campi di concentramento. Quello che Cesare ha fatto per anni, e con lui noi che lo seguivamo, era raccontare con empatia e partecipazione emotiva cosa accadde nel Novecento nel cuore dell’Europa. Cesare ci lascia ora una grande responsabilità: quella di trasmettere la Memoria di quegli orrori senza un testimone diretto. Responsabilità e compito che accettiamo nel segno e nell’insegnamento di Cesare».

Il cordoglio del presidente del Consiglio comunale, Niccolò Bosì

«Cesare Finzi è stato un lucido testimone dell’orrore della Shoah, del perverso odio in cui scivolò anche l’Italia nei confronti dei cittadini di fede ebraica. Con una grande energia e un fare sempre gentile e buono ha voluto condividere con migliaia di bambini e ragazzi la sua esperienza di bambino – spiega Bosì – costretto a fuggire con la sua famiglia per salvarsi. Nei suoi interventi e nei suoi libri, traspariva la necessità di far conoscere ai giovani quello che l’uomo era stato capace di fare nei confronti dei propri fratelli. Questo insegnava: nei momenti bui anche una piccola luce di giustizia poteva fare la differenza, una piccola luce che cambiò la Storia. In questi anni, come Presidente del Consiglio comunale, ho avuto l’onore e la fortuna di conoscerlo meglio, di collaborare con lui, di ascoltarlo: una di quelle persone che quando le incontri ti lasciano qualcosa di immensamente profondo».

Il cordoglio del Sindaco de Pascale

«Per ricordarlo oggi non ci sono parole più appropriate che quelle della motivazione del conferimento della cittadinanza onoraria di Ravenna nel 2020:

“Questo è il riconoscimento del prezioso lavoro di diffusione di memoria e dell’alto valore civile, sociale e culturale della sua testimonianza di sopravvissuto alla tragedia della Shoah; del suo impegno nel trasmettere alle giovani generazioni valori di pace, solidarietà, uguaglianza, difesa dei diritti umani, che sono alla base della Costituzione italiana; del profondo legame con Ravenna, nella quale, al tempo, trovò rifugio e accoglienza presso la famiglia Muratori e dove, da decenni, incontra ragazzi e ragazze delle scuole, trasferendo loro la conoscenza dei drammatici effetti delle leggi razziali, aiutandoli a combattere i pregiudizi, ispirandosi ai principi di libertà, democrazia e di rispetto delle persone”.

Quel giorno è stata una grande emozione vedere come seicento studenti e studentesse, in commosso e religioso silenzio, hanno ascoltato il racconto della storia della sua vita, – conclude de Pascale – fatta di momenti drammatici ma anche dell’incontro con persone che hanno saputo stare dalla parte giusta, e come al termine quei ragazzi gli hanno tributato un caloroso e affettuoso applauso, una vera e propria ovazione.»

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