L’Alma Mater di Bologna, con il Campus Ravenna: al primo posto nella classifica Censis delle grandi università italiane

L'ateneo si aggiudica il punteggio più alto per servizi, comunicazione, borse di studio e opportunità offerte agli studenti anche del campus di Ravenna

L’Università di Bologna si conferma ai vertici delle classifiche italiane. Per il 13esimo anno consecutivo l’Alma Mater di Bologna – che comprende anche il campus ravennate – è al primo posto nella classifica Censis delle grandi università italiane. «Uno straordinario risultato per l’università più antica al mondo, congratulazioni a tutti!», è il commento del presidente della Regione Stefano Bonaccini.

 

Si tratta di un’articolata analisi del sistema universitario basata sulla valutazione degli atenei (statali e non statali, divisi in categorie omogenee per dimensioni) relativamente a strutture disponibili, servizi erogati, borse di studio e altri interventi in favore degli studenti, livello di internazionalizzazione, comunicazione e servizi digitali, occupabilità. A questa classifica si aggiunge il ranking dei raggruppamenti di classi di laurea triennali, dei corsi a ciclo unico e delle lauree magistrali biennali secondo la progressione di carriera degli studenti e i rapporti internazionali. Complessivamente si tratta di 69 graduatorie, a partire da 924 variabili considerate, che possono aiutare i giovani e le loro famiglie a individuare con consapevolezza il percorso di formazione.L’Università di Bologna si aggiudica un punteggio complessivo di 89.8, seguita dall’Università di Padova e La Sapienza di Roma, rispettivamente con 88 e 86.5 punti.Questo però è seguito da un periodo di instabilità per le immatricolazioni che sono crollate nell’anno accademico 2021-2022, quando i nuovi iscritti si sono ridotti del 2,8%. Una variazione che equivale a 9.400 studenti in meno, la cui decisione di non iscriversi è il risultato di criticità congiunturali e di iniquità strutturali, che condizionano l’accesso alla formazione universitaria.Sono di più i maschi (-3,2%) delle femmine (-2,6%) a decidere di non proseguire gli studi. E sono gli atenei del Sud a registrare la variazione negativa più marcata: -5,1%, equivalente a oltre 4.900 immatricolati in meno. Seguono gli atenei delle regioni del Centro (-2,9%) e del Nord-Ovest (-2,3%). Quelli del Nord-Est (-0,1%) sono gli unici a registrare una stabilità nelle nuove iscrizioni rispetto all’anno precedente. I corsi afferenti alle discipline Stem (Science, technology, engineering and mathematics) sono quelli in cui si è registrata la minore riduzione di nuovi iscritti (-0,9%). Otto rettori su dieci sostengono che la crisi economica è la causa principale del calo delle immatricolazioni.

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