Giovanni Vernia regala ai ravennati l’ultima festa dell’estate. «Godiamocela»

Live show sabato 14 ottobre alle 21 in piazza del Popolo per la “Notte d’Oro”. Da Jonny Groove a Fabrizio Corona, dal prete romagnolo che fa omelie-canzoni alle serie tv drammatiche che diventano comiche.

Sarà la comicità dalle tante sfumature di Giovanni Vernia a far divertire ravennati e turisti durante l’evento di punta della “Notte d’Oro 2023” a Ravenna. L’appuntamento è per oggi, sabato 14 ottobre alle 21, nella centrale piazza del Popolo. «Un live show e, per di più gratuito, è già un ottimo motivo. Non credo che servano altre motivazioni…», dice sorridente il comico e conduttore radiofonico, genovese di nascita, con papà pugliese e mamma siciliana. «Godiamoci insieme quest’ultima festa d’estate, visto che da domenica pare che arrivi l’autunno». Le premesse ci sono tutte per passare una serata spensierata, in compagnia di familiari e amici.

Vernia, può dare qualche anticipazione dello spettacolo?

«Offrirò al pubblico una versione adattata per la piazza del tour teatrale “Vernia non Vernia”, super rodato. Dentro c’è la mia storia, quella di una persona che svolge inizialmente un lavoro normale e un po’ noioso, l’ingegnere, ma che appena può si diverte a intrattenere i colleghi con le parodie dei miei capi. Il risultato? Loro si divertono, i miei capi meno. Per questa ragione spesso ero costretto a cambiare azienda. Parlo anche della mia passione per la discoteca che mi ha regalato la celebrità grazie al personaggio Jonny Groove che ha conquistato il grande pubblico di “Zelig”. Durante la serata, ci saranno momenti di musica dance e in cui gli spettatori si troveranno coinvolti senza però dove fare grandi cose…».
Un’allegra festa, dunque, a base di ironia, parodie, satira di costume, imitazioni, musica ed energia…

«Sì, con l’aggiunta di tante ‘chicche’, come le chiamo io. Ci saranno le nostre manie, viste ovviamente da un matto come me, poi le musiche che a un certo punto diventano le omelie di un prete romagnolo, un certo don Gigione, e anche le serie tv, quelle più drammatiche che all’improvviso si trasformano in comiche…».

Il suo è un ritorno a distanza di qualche anno dopo essere stato in teatro sia a Ravenna che a Faenza. Le piace la Romagna?

«Sì, molto. Amo i romagnoli, un popolo allegro, solare e ottimista, oltre che molto operoso. Per un po’ di tempo mi è capitato con RDS di trasmettere da Milano Marittima, così nelle pause prendevo la bici e mi divertivo a esplorare il territorio. Più volte mi sono spinto verso Ravenna. Poi c’è un episodio che mi ha profondamente colpito».

Quale?

«Ero in riviera quando c’è stata una tromba d’aria che ha devastato mezza pineta, portando scompiglio ovunque, spiagge comprese. Ricordo che, il giorno dopo, gli stabilimenti balneari erano di nuovo in ordine e pronti per un nuovo giorno di sole, come se fosse passato il genio della lampada. Incredibile! Anche se in Romagna il mare non è il massimo rispetto ad altre parti d’Italia, i romagnoli hanno la capacità di far stare bene la gente, riescono a vendere anche le più improbabili escursioni come quelle alle piattaforme in mezzo al mare. Ecco, per l’occasione, mi sono divertito a immaginare una riunione sul tema…».
Quali novità l’aspettano nei prossimi mesi? Cosa può rivelare?

«Sto finendo di scrivere il mio nuovo spettacolo “Capa fresca”, un nomignolo che mi dava mio padre per dirmi che ero sempre pronto a guardare la parte divertente in tutto ciò che accade. Il tour partirà a febbraio. Poi c’è un progetto legato alla tv, su cui al momento non posso svelare molto di più».
Tra le sue imitazioni memorabile è anche quella dell’ex re dei paparazzi Fabrizio Corona…

«Sì, e potrebbe tornare in voga. L’avevo sospesa durante il periodo delle note vicende giudiziarie, ma ora mi sta tornando l’acquolina in bocca e potrei prenderlo di nuovo per i fondelli, e comunque sempre meno di quanto lo faccia lui che ha di recente affermato di essere Dio».
È vero che Corona stesso la chiamò più volte in passato per proporle di collaborare?

«Sì, esattamente dieci anni fa. Dopo la prima puntata in cui lo imitai, cominciai a ricevere delle telefonate con un numero sconosciuto. Credevo fosse un call center, poi un giorno risposi ed era lui che mi parlava come se fosse la mia imitazione e mi propose di andare a trovarlo per fare i soldi, la sua fissa. Non sono ovviamente mai andato e non avrei potuto, era in fuga in Portogallo».

Come le viene l’ispirazione per i suoi personaggi?

«In realtà sono loro che trovano me. Di base sono una persona tranquilla ma a un certo punto mi scatta una molla che neppure io riesco a spiegarmi, così inizio a pensare e a immaginare qualcosa. Jonny Groove, il discotecaro, nasce dalla mia passione per il ballo, dal mio essere un po’ tamarro con la residenza a Ibiza. Anche i miei monologhi e le serie tv nascono da cose che vedo e che poi cerco di mettere in risalto, e allora si ride… L’idea del prete che fa le omelie-canzoni, per esempio, mi è venuta mentre ero in radio e ascoltavo delle canzoni che a volte mi sembravano testi sacri».
Non ama invece la musica trap…

«Per niente. Sembra una continua denuncia, è pesante. A volte quando sono fermo al semaforo, sono affiancato da auto 50 guidate da ragazzini che sentono musica a palla e mi ricordo di me alla loro età. Ma la mia era una musica allegra, festosa, non depressiva come la trap, dove fra l’altro ci sono spesso testi che sembrano essere un inno alla violenza. Trovo alcune cose eccessive, come la moda ora di vivere tutto attraverso il cellulare e i video da condividere, che fanno perdere la poesia del momento, il divertimento è un’altra cosa».
Il web ha cambiato anche il mondo della comicità. Cosa ne pensa?

«Credo che sia un nuovo strumento con un linguaggio diverso di cui occorre tener conto. Non avrebbe senso mettere online, per esempio, un monologo teatrale che ha un inizio e una fine. Per dargli il ritmo di circa un minuto è necessario tagliarlo pesantemente, perché al pubblico interessa solo quando arriva la battuta giusta».
Secondo lei oggi è più facile o difficile fare il comico?

«Più difficile perché c’è tanta concorrenza e sul web, per emergere, servono idee davvero originali. Quelli della mia generazione andavano forte nei locali dal vivo, poi qualcuno li notava e se si aveva fortuna si andava in tv. Con “Zelig” io sono entrato nelle case di tutti, un bel salto. Ora il web sembra più democratico, alla portata di tutti, ma in realtà non è così facile fare tutto da soli. Ho grande rispetto verso chi ce la fa e per questo non sopporto chi ha la critica facile. Anche i format tv di adesso sono sempre più improntati verso la giuria: ci si ricorda di più dei giurati e delle loro critiche che non dei vincitori».

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