Dentro la nave Humanity 1 con Viviana Di Bartolo coordinatrice SaR. Una traversata faticosa

«Dobbiamo restare uniti per evitare altre morti in mare che non sono accettabili. Migranti spaventati ma con condizioni di salute stabili».

Questa mattina alle 8 è arrivata al porto di Ravenna la nave della Humanity 1 della SOS Humanity Ong con a bordo 69 persone. Il personale si è preso cura di loro durante il viaggio e sta continuando a prestare assistenza durante le operazioni di sbarco. Più notizie ha intervistato Viviana Di Bartolo, coordinatrice SaR della Humanity 1.

Come stanno i migranti che hanno appena raggiunto Ravenna?

«Fortunatamente presentano tutti condizioni di salute stabili ma sono in corso degli accertamenti e può darsi che qualcuno necessiti di controlli più approfonditi in ospedale. Durante la lunga traversata sono stati in coperta, perché non avevamo alloggi in cui ospitarli. Per affrontare le temperature basse a cui sono stati esposti durante i diversi giorni di navigazione, abbiamo dato loro coperte termiche perché avevano con sé pochi indumenti».

Qual è la condizione emotiva dei naufraghi?

«Sono tutti traumatizzati dal viaggio e dal soccorso, in particolare i minori non accompagnati tra i 15 e i 17 anni e anche l’unica donna a bordo. Li abbiamo trovati in piena notte, con onde altissime e devono ancora riprendersi, ma fortunatamente stanno iniziando a interagire».

Si sono presentate difficoltà durante l’assistenza?

«Il principale problema è stato il maltempo. Le condizioni meteorologiche sono state critiche e proibitive già dal momento del soccorso, ma anche durante il transito. Abbiamo dovuto affrontare onde alte più di due metri e mezzo e raffiche oltre i 20 nodi. La navigazione è stata abbastanza difficile e molti dei presenti hanno sofferto di mal di mare. Una situazione estrema come quella di un soccorso, in circostanze simili diventa ancora più complessa, soprattutto per la lontananza del porto di sbarco».

Anche in questo sbarco tanti minori, come stanno?

«I nostri operatori hanno cercato di prestare loro tutta l’assistenza possibile, a bordo abbiamo sia un team medico che uno psicologo, molti di loro hanno chiesto di parlare con lui. Numerosi migranti hanno subito traumi importanti, presentano segni di tortura fisica ma anche psicologica e presentano delle problematiche che dovranno essere seguite a lungo termine. Noi abbiamo fatto del nostro meglio per aiutarli in questo percorso».

Qualche storia durante questo viaggio l’ha colpita particolarmente?

«Non mi occupo in prima persona della raccolta delle testimonianze, ma ho avuto modo di parlare con una ragazza di 19 anni nigeriana che mi ha raccontato della Libia. Un posto terribile. Lei è stata catturata e ha vissuto in prigione per diverso tempo. Non aveva accesso ai diritti fondamentali come i beni di prima necessità, parliamo di cose semplici ma fondamentali come acqua e cibo. Ha assistito a maltrattamenti e abusi di qualsiasi tipo. Molta gente riporta queste descrizioni dei centri di detenzione. I diritti umani in questi luoghi vengono letteralmente calpestati. La Libia è considerato il luogo peggiore, non c’è nessuna libertà, nemmeno quella di camminare per strada».

Di cosa si è occupata lei nello specifico?

«Sono la coordinatrice di bordo, mi occupo di supportare il comandante nelle azioni di ricerca e soccorso. Durante il soccorso in mare coordino le azioni di recupero soccorso dei naufraghi in difficoltà».

Cosa può fare Ravenna e l’Italia per aiutare queste persone?

«Chiaro è che l’emergenza è in atto. Ci troviamo in una fase critica, ci sono tantissimi naufragi e moltissime partenze. Ravenna, come tutta l’Italia, non può voltarsi dall’altra parte davanti a questa realtà, sono cose che succedono nel Mediterraneo costantemente e noi dobbiamo offrire la nostra solidarietà e cooperazione. Dobbiamo restare uniti per evitare altre morti in mare che non sono accettabili».

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