Cervia. Agenzia procura lavoro irregolare a più di mille persone, false fatture per 15milioni di euro

L'imprenditore, ritenuto ideatore della truffa, modenese con sede a Milano Marittima avrebbe precedenti penali. Le indagini sono scaturite da un controllo della Guardia di Finanza per contrastare il lavoro nero

Procuravano forza lavoro a basso costo a centinaia di aziende, operanti nei più disparati settori economici, da quello turistico-alberghiero a quello della logistica, sfruttando a proprio vantaggio una sistematica evasione contributiva-previdenziale, nonché l’omissione di tutti gli obblighi di natura fiscale. I militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Cervia hanno individuato e fermato la presunta compagine criminale, che farebbe capo ad un imprenditore 53enne originario di Mirandola (MO). Avrebbe procurato lavoro irregolare a più di mille persone, false fatture per più di 15milioni di euro.

È stata la conclusione di una complessa e articolata indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Ravenna e svolta in collaborazione con personale dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro e dell’I.N.P.S. di Ravenna

L’imprenditore, ritenuto ideatore e realizzatore della truffa, avrebbe precedenti penali e di polizia. Per questo avrebbe spostato i suoi interessi illeciti in Romagna in piena pandemia, dove alloggiava in un lussuoso albergo di Milano Marittima, servendosi di prestanome reclutati tra persone in cerca di lavoro e in evidente stato di bisogno. A tal fine, per acquisire credibilità nei confronti di questi ultimi clienti committenti avrebbe millantato contatti con uffici pubblici e la disponibilità di cosiddetti “Buoni Lavoro”, coperti da garanzie statali rivelatesi totalmente fittizie.

Come si svolgeva la truffa: lavoro irregolare, nessuna assicurazione, società fittizie

Nell’ufficio – ubicato in pieno centro a Milano Marittima ed allestito con l’esposizione di bandiere della Repubblica Italiana e dell’Unione Europea – sarebbe avvenuto il reclutamento di lavoratori attratti da offerte di impiego in varie regioni d’Italia e pubblicati in rete sui principali social network. Agli ignari dipendenti, assunti con la promessa di una stabile occupazione, sarebbe stata anche fatta sottoscrivere, al costo di 250 euro, un’adesione ad una ipotetica cooperativa, risultata completamente fittizia.   

L’articolata truffa prevederebbe che i lavoratori, dopo essere stati formalmente assunti da società riconducibili agli indagati in Cervia e in provincia di Modena, venissero effettivamente impiegati presso centinaia di imprese ubicate nel nord Italia, mediante contratti di appalto/sub-fornitura non genuini. In spregio a tutte le norme a tutela dell’incolumità dei lavoratori, essi sarebbero stati privi di copertura assicurativa e dei previsti corsi di formazione finalizzati a tutelare la loro sicurezza sui luoghi di lavoro.

Per fornire una parvenza di legalità, il truffatore avrebbe sostenuto che ci fosse copertura sanitaria attraverso un finto “Fondo Integrativo al Sistema Sanitario Nazionale”, risultato anch’esso frutto di invenzione e totalmente inesistente, e predisponendo documentazione con sigilli e timbri riportanti falsamente l’emblema della Repubblica Italiana, reperiti in occasione delle perquisizioni locali disposte dall’Autorità Giudiziaria.

Le indagini, scaturite da un controllo svolto a contrasto del fenomeno del lavoro sommerso, hanno permesso di svelare l’intero meccanismo fraudolento, segnalando alla competente A.G. quattro indagati. Le accuse ai quattro sono: truffa aggravata e continuata nei confronti dell’INPS, emissione di 1.410 fatture relative ad operazioni inesistenti, per un totale complessivo di euro 15,252 milioni di euro, utilizzo abusivo di pubblici sigilli statali, con particolare riferimento allo stemma della Repubblica Italiana, contravvenzioni previste e punite dal Testo Unico in materia di Sicurezza e Salute nei luoghi di lavoro.

Inoltre sono state segnalate ipotesi di responsabilità nei confronti delle società coinvolte e il sequestro anche di 155 mila 340 rintracciati euro sui conti correnti riconducibili alle società utilizzate dagli indagati. L’operazione appena conclusa evidenzia il costante e quotidiano impegno posto in essere dalle Fiamme Gialle ravennati, per la salvaguardia della legalità economico-finanziaria a tutela della collettività, dei lavoratori e della leale concorrenza tra le imprese che operano in maniera legittima.

In merito, occorre comunque evidenziare che il procedimento penale è ancora pendente nella fase delle indagini preliminari e che, per il principio della presunzione di innocenza, le responsabilità penali derivanti dal contesto investigativo descritto saranno definitivamente accertate solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.

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