Anche a Faenza tutto pronto per celebrare “Lòm a Mêrz” 2023

dal 26 febbraio al 3 aprile

Foto di Mirco Villa

La Romagna è una terra storicamente votata all’agricoltura. E l’agricoltura, come molte altre attività “all’aperto” era, ed è tutt’ora, soggetta alle avversità metereologiche. Così la tradizione contadina del passato voleva che per scongiurare la malasorte venissero fatti dei riti propiziatori, come i fuochi magici: i “Lòm a Mêrz” (i lumi di marzo). L’accensione di falò propiziatori intendeva celebrare l’arrivo della primavera e invocare un’annata favorevole per il raccolto nei campi, ricacciando il freddo e il rigore dell’inverno. Il suo significato era quello d’incoraggiare e salutare l’arrivo della bella stagione, bruciando i rami secchi e i resti delle potature. Per questa occasione, negli ultimi tre giorni di febbraio e nei primi tre di marzo, ci si radunava nelle aie, si intonavano canti e si danzava intorno ai fuochi (al fugarèn), mangiando, bevendo e soprattutto divertendosi. L’ Associazione “Il Lavoro dei Contadini” dall’ ormai lontano 2000, ha cercato di tracciare un nuovo solco con i Lumi a Marzo, con rinnovati obiettivi che intendono essere un invito per mettersi in viaggio in queste terre, nelle quali si trova ancora un amore per il cibo tipico, sano, dove viene a galla l’intima civiltà della campagna e l’appartenenza al mondo di piante, animali, riti, usanze, tradizioni e cultura contadina.

 

Dopo il tramonto, dal 26 febbraio al 3 marzo, l’ accensione dei fuochi nelle aie delle case di campagna in vari Comuni delle Romagna

 

Il programma prevede 31 eventi durante le 6 giornate dedicate ai Fuochi che si svolgeranno nelle aie di aziende agricole, agrituristiche e in ristoranti e altri luoghi della cultura rurale in diversi Comuni della Romagna.

L’edizione 2023 propone come tema “Mezzadria, una lunga storia di Gente Comune”, con l’obiettivo di avviare una riflessione originale su questa vicenda che ha avuto inizio molto tempo fa e che contrariamente a quello che si può immaginare, un po’ tutti ne facciamo parte.

 

 

Il contratto di mezzadria era molto diffuso nella nostra regione. Prevedeva che il proprietario mettesse a disposizione un’abitazione e il proprio terreno al contadino (mezzadro) che la doveva coltivare con il contributo del resto della famiglia, in cambio riceveva la metà dei prodotti raccolti, da questo il nome mezzadria parola derivante dal latino che significa “colui che divide a metà”.

Questo tipo di contratto agrario ha avuto origine nel Medioevo ed è stato utilizzato, nella nostra regione, fino agli anni 80 del Novecento, e ha quindi condizionato, per alcuni aspetti positivamente per altri invece negativamente, la vita sociale ed economica del nostri territori.

 

 

«La famiglia mezzadrile ci ha insegnato e tramandato valori – racconta la presidente Lea Gardi – quali la parsimonia, l’economia circolare e il riciclo, una cucina di casa basata sulla stagionalità con produzioni a km zero, rispettosi della biodiversità, un’ agricoltura attenta all’ ambiente, l’ amore e la cura del territorio, la memoria di usi, costumi, riti e tradizioni. Temi assolutamente attuali, anzi centrali e coerenti per un’ idea di sviluppo sostenibile. Il nostro obiettivo è stimolare una riflessione positiva sul patrimonio di valori e sulla memoria contadina che per noi in Romagna particolarmente legata al mondo della mezzadria, per trarne insegnamenti sia per il nostro presente, sia per le generazioni future».

 

Riflessioni che saranno sviluppate e argomentate in occasione dell’incontro che si terrà alla Sala Bigari del Comune a Faenza, venerdì 3 marzo alle ore 18,00.

 

Al termine dell’incontro, presso la Galleria d’ Arte Molinella a Faenza, alle 19,00 sarà inaugurata la mostra “Da bur a bur”, dall’espressione dialettale “lavuré da bur a bur” (lavorare dall’alba al tramonto), a testimonianza dell’intensa attività lavorativa che la famiglia contadina svolgeva, abituata a non sprecare nemmeno un minuto di luce.

 

In esposizione strumenti di lavoro utilizzati dai contadini prima del fenomeno della meccanizzazione (anni 50 del 900), semplici attrezzi poveri di valore ma di alto contenuto simbolico che hanno la funzione di stimolare nei visitatori una riflessione sul mondo agricolo del passato rappresentato spesso come una realtà negativa e invece, per i curatori, una realtà ricca di insegnamenti e valori ancora oggi di attualità.

 

Provenienti dalla collezione privata di Luigi Franzoni, socio fondatore de “Il Lavoro dei Contadini” gli strumenti utilizzati per la preparazione del terreno, quelli per la semina, la mietitura e la battitura del grano, sono esposti in mostra secondo i ritmi dettati dalla Natura e rappresentano l’esempio più chiaro del coinvolgimento dell’intera famiglia mezzadrile alle attività lavorative, mentre le riproduzioni di opere di artisti romagnoli accompagnano questa “storia” che ha avuto origine fin dal Medioevo.

 

Un Lòm a Mêrz che, con un tema dedicato ai valori e agli insegnamenti della famiglia mezzadrile, sarebbe piaciuto anche a Italo Graziani, nostro indimenticato e indimenticabile fondatore!

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