03 Ago 2022 10:03 - Salute e benessere
Al Maria Cecilia Hospital di Cotignola una tecnica mininvasiva per la chirurgia dell’ernia discale utilizzata per la prima volta in Italia
La tecnica consiste nell'agire con due minifori che permettono al chirurgo di operare riducendo i tempi di recupero post operazione e i rischi collegati
di Redazione
«UBE è una metodica endoscopica per la chirurgia spinale inventata oltre 15 anni fa da un chirurgo sudcoreano che prevede un doppio accesso all’area da trattare attraverso due piccole incisioni – spiega il dott. François Lechanoine, neurochirurgo di Maria Cecilia Hospital che ha portato in Italia questa innovazione. Poter intervenire con la tecnica UBE mediante un approccio ultra mininvasivo offre una valida alternativa sia alla chirurgia open convenzionale, sia alle tecniche già esistenti ad accesso unico (endoscopiche o tubolari). Infatti, poter avere due accessi consente una visione migliore delle strutture vertebrali e neurologiche da trattare, permettendo una maggiore precisione e portando così a una serie di vantaggi per il paziente, tra cui una ripresa più rapida e una notevole riduzione del dolore post operatorio. I precursori della metodica UBE hanno applicato la tecnica di artroscopia del ginocchio al rachide: è quindi un’evoluzione delle tecniche standard di artroscopia e laparoscopia, ma una vera rivoluzione per la chirurgia vertebrale».
Le potenzialità della tecnica UBE consentono ai chirurghi il trattamento ultra mininvasivo anche di altre problematiche, ampliando il raggio d’azione rispetto al trattamento con accesso unico: ad esempio, la stenosi del canale lombare, le chirurgie cervicali posteriori, le chirurgie di stabilizzazione come l’artrodesi vertebrale.
Tecnica UBE: un intervento ultra mininvasivo
Le indicazioni all’intervento mediante tecnica UBE sono le medesime della chirurgia standard, quindi gli esami che decretano la necessità di un’operazione consistono principalmente in Risonanza Magnetica, Radiografie, TC.
L’accesso all’area da trattare avviene mediante due piccole incisioni di 5 millimetri ciascuna su un unico lato della schiena. Un accesso serve per introdurre l’endoscopio, una sorta di piccolissima telecamera che viene direzionata dalla mano del neurochirurgo per visionare nel dettaglio la zona da trattare, mentre l’altro viene utilizzato per introdurre gli strumenti chirurgici, sempre comandati con l’altra mano dallo specialista.
Le strutture muscolari vengono preservate: si attraversano senza danneggiarle, creando una zona dove poter lavorare per riaprire il canale spinale in caso di stenosi, rimuovere le ernie o stabilizzare le vertebre.
È possibile utilizzare la metodica UBE su pazienti di tutte le età, con notevoli vantaggi, tra cui: la diminuzione del dolore chirurgico nel post operatorio, una ripresa più rapida (evitando l’immobilità post operatoria, estremamente invalidante per i più anziani), e quindi una degenza più breve, un ritorno alla quotidianità più rapido rispetto alle tecniche convenzionali.
Infine, anche i rischi correlati all’intervento diminuiscono rispetto ad altre procedure: si ha infatti un minor tasso di infezione, un minor sanguinamento, una minore destabilizzazione delle vertebre, un minor rischio di danni al rivestimento del midollo spinale e di problemi neurologici.
I primi pazienti operati a Maria Cecilia Hospital dal dott. Lechanoine, con il supporto del dott. Maxime Challali, ortopedico di Grasse (Francia), sono riusciti ad alzarsi dopo un paio d’ore dall’operazione. Le dimissioni avvengono attualmente dopo circa due giorni di osservazione.
«La tecnica UBE è uno strumento in più che ci consente trattamenti sempre meno invasivi, una vera e propria rivoluzione in quanto coniuga la manovrabilità e la libertà di movimenti della chirurgia classica open alla mininvasività e alla migliore visibilità della chirurgia endoscopica, con implementazione della sicurezza per il chirurgo, e quindi per il paziente. I risultati ottenuti finora a livello internazionale ci fanno credere che la chirurgia ultra mininvasiva endoscopica possa diventare in futuro il gold standard – ovvero la procedura di riferimento – per il trattamento di questo tipo di problematiche vertebrali», conclude il dott. Lechanoine.