Addio all’insegnante Laura Angelini. «Mia madre se ne è andata per sempre tra l’indifferenza della sua città»

La lettera del figlio Alberto colpisce come un pugno nello stomaco. La 83nne, vedova del baritono Giuliano Bernardi, si è sentita male in via Mazzini lunedì 5 febbraio e nessuno l’ha soccorsa per mezz’ora. Al suo arrivo, il figlio l’ha trovata in condizioni disperate.

Addio alla ravennate Laura Angelini, 83 anni, che per tanti anni è stata insegnante alle scuole medie prima in diversi paesi del territorio e poi, per oltre due decenni, alla Santi Muratori di Ravenna. Chi ha avuto il piacere di averla come insegnante o di conoscerla, non può ricordare il suo volto sempre sorridente, i modi garbati e quell’eleganza naturale che sempre l’ha contraddistinta. 

Lascia i figli Alberto e Paolo, avuti dal marito Giuliano Bernardi, indimenticato baritono e scomparso prematuramente nel 1977 in un incidente stradale a soli 37 anni. A lui nel 2017 è stata dedicata, per volontà di Cristina Muti Mazzavillani, una delle iniziative del Ravenna Festival volta a valorizzare i giovani talenti, e di seguito intitolato il giardino comunale situato tra via Colombo Lolli e via Fiume Avisio. 

Riceviamo e pubblichiamo una lettera scritta dal figlio Alberto Bernardi che, con dolore, ripercorre il malore avuto dalla madre lunedì 5 febbraio, poi rivelatosi fatale. Laura Angelini si è sentita male in via Mazzini, in pieno centro a Ravenna, e nessuno l’ha soccorsa prima del suo arrivo. Una lettera che colpisce come un pugno nello stomaco, perché l’indifferenza è davvero qualcosa di inconcepibile a maggior ragione in una città di provincia.

La lettera del figlio Alberto

«Voglio raccontare una tragedia, la mia tragedia personale, ma che si ripercuote nella tragedia di una città, la mia Ravenna, che stento a riconoscere. Vorrei che questo racconto, in qualche forma, potesse scuotere qualche anima o almeno riuscisse a evitare che situazioni simili si ripetano. 

Lunedì mattina 5 febbraio, una signora di 83anni in splendida forma fisica e mentale è morta. La signora in questione si era svegliata di buon mattino come sempre, aveva sbrigato le faccende di casa, poi si era vestita con gusto e sobrietà per andare in centro. Inforcata la bicicletta verso le 11, ha passato il suo borgo San Rocco e arrivata all’altezza della chiesa di Sant’Agata in via Mazzini si è sentita male, ha abbandonato la bicicletta e si è accasciata sulla panchina. Non riusciva a respirare e si dimenava alla ricerca di ossigeno. 

Ha chiamato il primo numero di telefono che aveva sul cellulare, quello del figlio. Lo ha dovuto fare quattro volte perché non riusciva a parlare né tantomeno a dire dove si trovasse finché il figlio ha capito e si è precipitato a prenderla. L’ha trovata sulla panchina in condizioni disperate e nonostante la velocità e l’immediatezza del suo soccorso, la donna è deceduta all’arrivo del pronto soccorso per un infarto esteso al miocardio. 

Quella donna era mia madre, si chiamava Laura Angelini. Era vedova dal 1977, quando mio padre a 37 anni ci lasciò in un incidente stradale. Era una donna di forza e determinazione, di dolcezza e serietà e mancherà infinitamente a tutti coloro che l’hanno conosciuta e amata. Fino a qui può sembrare una storia come tante ne accadono dove ogni figlio ritiene che la propria madre fosse la migliore e che quando la perde, a qualsiasi età sia, sente un vuoto incolmabile e una frattura interiore difficile da sanare.

Purtroppo non è solo questo. È la storia di una società incapace di aiutare, è la storia di una donna rimasta 30 minuti in agonia su una panchina senza che nessuno delle decine di persone che passavano a piedi o in bicicletta si accorgesse di lei, è la storia di una morte che forse poteva essere evitata o forse no. Non è un j’accuse verso qualcuno ma è un grido di allarme a una società che ha perso ogni valore, anche i più umani, che si chiude nell’indifferenza come arma di difesa (difesa da cosa poi non si sa). 

In una bella giornata di sole di febbraio, mia madre se ne è andata per sempre tra l’indifferenza della sua città, quella città che amava e che non avrebbe cambiato con nulla e che invece l’ha tradita nell’unico momento in cui lei le ha chiesto aiuto». 

Dalla stessa categoria