20 Set 2023 09:07 - Cronaca
I Gessi e le grotte dell’Appennino Romagnolo sono patrimonio dell’Umanità Unesco
De Pascale: «Un riconoscimento importante che premia un patrimonio paesaggistico e ambientale unico nel suo genere che potrà essere ulteriormente, valorizzato in tutto il suo splendore».
di Redazione
Un nuovo traguardo raggiunto per le meraviglie della Regione Emilia-Romagna che ottiene l’iscrizione nella lista dei beni naturali del Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco del Carsismo e grotte nelle evaporiti dell’Appennino settentrionale. La decisione arriva da Riyad (Arabia Saudita), dove si è riunito il Comitato internazionale dell’agenzia delle Nazioni Unite, a seguito della valutazione positiva dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, organo di consulenza tecnica dell’Unesco.
Da oggi, quindi, le grotte e i fenomeni carsici che si trovano nelle rocce evaporitiche (gesso e sale) sono ufficialmente riconosciute come valore universale per le loro caratteristiche di unicità e rappresentatività a livello mondiale. Un sito seriale composto da sette aree nelle province di Reggio Emilia, Bologna, Rimini e Ravenna: Alta Valle Secchia (Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano), Bassa Collina Reggiana (Paesaggio Protetto della Collina Reggiana), Gessi di Zola Predosa (sito Natura 2000), Gessi Bolognesi (Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa), Vena del Gesso Romagnola (Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola), Evaporiti di San Leo (sito Natura 2000), Gessi della Romagna Orientale (Riserva Naturale Regionale di Onferno).
L’iscrizione arriva dopo sette anni di impegno da parte della Regione, dei 19 Comuni, dei 4 Enti di gestione dei Parchi, delle Università di Modena e Reggio Emilia e di Bologna, della Soprintendenza, della Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna, con il coordinamento e la collaborazione del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
Si tratta del sesto sito naturale italiano riconosciuto da Unesco e del secondo per l’Emilia-Romagna, dopo le Faggete vetuste delle Foreste Casentinesi. Ma complessivamente salgono a 16 i luoghi che in Emilia-Romagna– a vario titolo – possono fregiarsi a vario titolo della prestigiosa attribuzione.
La soddisfazione delle Istituzioni: l’assessora Barbara Lori e il sindaco Michele de Pascale
«Questo importante riconoscimento da parte dell’Unesco ci offre l’opportunità di valorizzare e proteggere questo patrimonio ambientale unico al mondo e, contemporaneamente, offrire ai territori una straordinaria leva di promozione culturale e socio-economica – afferma l’assessora alla Programmazione territoriale e parchi, Barbara Lori, presenta a Ryad– si conclude nel migliore dei modi un’esperienza emozionante per cui voglio ringraziare il Comitato Scientifico Regionale, i Comuni e il Ministero; insieme a loro, con il presidente Bonaccini e la Giunta, continueremo a lavorare affinché questo nuovo sito possa arricchire ulteriormente il territorio dell’Emilia-Romagna. Un grazie particolare all’ambasciatore italiano all’Unesco, Liborio Stellino, che ha guidato la nostra delegazione nel lavoro di condivisione con gli altri Paesi».
«Oggi arriva una bellissima notizia per il nostro territorio: i gessi e le grotte dell’Appennino emiliano-romagnolo diventano patrimonio mondiale dell’Umanità. – esprime il sindaco Michele de Pascale con soddisfazione – Ad entrare nella lista dei beni naturali del Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco è il “Carsismo e grotte nelle evaporiti dell’Appennino settentrionale”. Si tratta di un sito seriale composto da sette aree nelle province di Ravenna, Reggio Emilia, Bologna e Rimini tra cui figura anche la Vena del Gesso Romagnola. Un riconoscimento importante che premia e rende onore ad un patrimonio paesaggistico e ambientale unico nel suo genere che così potrà essere ulteriormente, e meritatamente, valorizzato in tutto il suo splendore!».
Le caratteristiche del sito
Nei gessi dell’Emilia-Romagna si trovano la grotta epigenica più lunga al mondo (oltre 11 km), quella più profonda (265 metri), la più grande sorgente salata d’Europa e una varietà straordinaria di minerali e forme carsiche studiate già a partire dal 16^ secolo, che sono riferimenti internazionali per lo studio del carsismo nelle evaporiti.
Le rocce evaporitiche, con cui si aprono le grotte, testimoniano due momenti importanti della storia della Terra: la rottura del supercontinente Pangea (200 milioni di anni fa, in cui si formarono i Gessi Triassici) e la crisi di salinità messiniana, quando il Mediterraneo si trasformò in un enorme lago salato (6 milioni di anni fa, in cui si formarono i Gessi Messiniani). Le grotte visitabili di questo nuovo Patrimonio dell’Umanità sono quelle della Spipola (Gessi Bolognesi), la Tanaccia e la Re Tiberio (Vena del Gesso Romagnola) e Onferno.
La soddisfazione di Legambiente e le ipotesi di tutela
Tanta soddisfazione giunge dalle associazioni che si sono spese per ottenere questo risultato come Legambiente, sia attraverso il proprio Circolo locale Lamone Faenza che come struttura regionale
dell’Emilia-Romagna, ha sostenuto fin da subito l’ipotesi di candidatura, alla World Heritage List
dell’UNESCO, dei fenomeni carsici delle aree gessose presenti in regione.
«Oltre alla tutela di questo patrimonio ambientale unico, questo riconoscimento può aprire oggi
importanti ricadute per i nostri territori. – spiegano da Legambiente – ecoturismo, didattica, tutela del paesaggio, realizzazione del parco geologico museale, che darebbero qualche risposta allo sviluppo economico e sociale della comunità locale, assieme alle attività agricole e industriali compatibili.
Naturalmente gli strumenti programmatori come il “Piano territoriale del parco della vena del gesso
romagnola” e la variante al Piano Infraregionale delle Attività Estrattive (PIAE) relativa al polo
estrattivo “Cava di Monte Tondo”, dovranno, a maggior ragione, tener conto di questo importante
riconoscimento».
A questo proposito legambiente ci tiene a precisare che lo studio commissionato a suo tempo dalla Regione indicava di utilizzare lo scenario B, esteso su un periodo di 10 o 15 anni, o comunque tempo necessario al completo recupero ambientale del Polo, indipendentemente dalla eventuale minore utilizzazione da parte del concessionario.
«Questa potrebbe essere la strada per salvaguardare anche i posti di lavoro attualmente in essere. – prosegue Legambiente – Questo naturalmente a patto che l’azienda si impegni a riconvertire progressivamente le attività del sito, organizzandosi per diminuire l’uso del gesso vergine, utilizzando più cartongesso dismesso, diversificando le produzioni, avviando la sperimentazione di altri prodotti nel settore dell’edilizia sostenibile. Ipotesi queste che abbiamo tentato di avanzare più volte e che oggi è necessario discutere con i lavoratori, i loro sindacati, l’azienda, gli amministratori e le comunità locali».