09 Mag 2023 17:56 - Cronaca
L’agronomo Gualtieri sull’alluvione: «Via dagli argini vegetazione e grandi alberi»
Riflessioni dell'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Ravenna: serve una politica del territorio di lungo termine, non dettata dall'emergenza.
di Redazione
Dopo giorni in cui si è detto e scritto di tutto della recente alluvione in Romagna, occorre procedere con la dovuta calma a una seria riflessione su quanto è accaduto, sia per comprenderne le ragioni, sia per meglio procedere in futuro per curare le attuali ferite e per prevenire futuri simili accadimenti.
Partendo da una valutazione complessiva dei danni che tenga conto sia delle perdite economiche subite dalle attività imprenditoriali, sia dei dissesti subiti dai territori a destinazione agricola invasi dalle acque tracimate e fuoriuscite dagli alvei in pianura dei fiumi-torrenti, è bene sottolineare che la problematica è scaturita “a monte”. Ed è proprio qui che bisogna attentamente studiare le possibili soluzioni da adottare, per garantire un futuro quanto più esente da qualsivoglia evento negativo o sfavorevole nei confronti di tutte le comunità, montana, collinare e di pianura.
Necessaria una nuova politica del territorio
«Un’attenta e reale pianificazione territoriale che tenga conto delle peculiari caratteristiche dei territori nei quali si sono originate le cause primarie del disastro per effetto delle intense piogge cadute – spiega Giovanni Gualtieri, presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Ravenna– rappresenta il punto di partenza di una nuova politica del territorio, attenta ai suoi bisogni e tesa a favorire il mantenimento di un sereno e proficuo lavoro da parte delle genti qui presenti. La valutazione dei millimetri di pioggia caduti ora dopo ora non deve fermarsi alla semplice lettura, ma deve essere attentamente parametrata e rapportata alle caratteristiche dei nostri territori montani e collinari».
Una efficace pianificazione territoriale richiede una politica di lungo periodo, non dettata dall’emergenza, che sappia integrare i diversi aspetti peculiari di ogni singolo territorio e le singole preziose competenze, da quelle dei geologi, degli architetti e degli ingegneri, a quelle dei dottori agronomi e dei dottori forestali. «Perché quando si legge o si sente che occorre procedere alla riforestazione delle nostre montagne e colline, è il dottore forestale il competente in materia e non altri. Perché quando si sente dire che non bisogna più consumare suolo (o sfruttarlo convenientemente) è il dottore agronomo l’esperto in materia di terreni agricoli cui tocca l’ultima parola», prosegue il presidente Gualtieri. Inoltre, sarebbe necessaria una buona gestione dei corsi d’acqua che, invece, sono lasciati coperti di vegetazione anche con grandi alberi, che poi vengono divelti dalla corrente e trascinati per chilometri, rallentando il defluire dell’acqua e facendo franare le sponde dei fiumi.
Argille e limo presenti nelle colline
Un’ultima osservazione: le piogge cadute in pianura sono state ben assorbite dai nostri terreni agricoli sempre più assetati con falde sempre più profonde, nonostante la ricca presenza di argille e limo che tendono a rallentarne l’assorbimento e il successivo accumulo dei sempre più rari e sempre più gravosi eventi piovosi. Ma argille e limo, presenti anche nelle nostre montagne e colline, se non debitamente tenuti sotto controllo, l’acqua non la trattengono e la lasciano andare velocemente verso il mare.
36 ore di pioggia inaspettata
E questo è quanto accaduto, tenendo comunque sempre conto che una quantità di 200 mm di pioggia caduta in 36 ore era veramente inaspettata e difficile da gestire. Soprattutto con “fiumi” come il Marzeno, il Sintria e il Senio, che hanno un letto molto piccolo e sponde basse, coperte di vegetazione. A Faenza il grande problema è stato la congiunzione fra Marzeno e Lamone, anche quest’ultimo con il letto invaso da vegetazione, che ha portato all’esondazione e all’allagamento prima del Borgo e delle campagne intorno al Ponte Rosso a Faenza, poi all’esondazione a Bagnacavallo/Boncellino. E così a Ceparano, ad esempio, il legname ha chiuso la luce del ponte facendolo crollare. La pioggia dopo tanti mesi di siccità si è infiltrata nel suolo e quando ha trovato uno strato disomogeneo (roccia o argilla) ha fatto scivolare verso il basso tutto lo strato superiore, compreso di bosco. In collina si vedono molti versanti con ferite orizzontali, presumibilmente future frane.