Si è svolto domenica 14 gennaio nei locali del Circolo ACLI di Fossolo(Faenza), il ricordo di Padre Giorgio Nonni, fratello del Presidente Acli provinciali Ravenna Antonio Nonni.
Per l’occasione sono arrivati 300 ragazzi da tutta l’Italia per partecipare ad un Campo di lavoro per raccogliere fondi che saranno destinate ai poveri. Domenica si’ è chiuso l’incontro di ricordo con una Santa Messa Padre Giorgio Nonni, missionario, sacerdote di Fossolo Faenza in Perù. Si era spento il 13 gennaio 2015 a 61 anni a Liemellin Perù, dopo una lunga malattia.
La vocazione di padre Giorgio ha inizio nel 1973 quando, invece del servizio militare, sceglie il servizio civile e parte per un lebbrosario in Brasile gestito da suor Silvia, missionaria dell’operazione Mato Grosso. Qui si ferma per due anni e al suo rientro in Italia fonda il “Gruppo operazione Mato Grosso di Faenza». Nel 1976 parte per il Perù (6 mesi) per accompagnare padre Ugo che apriva la missione di Chacas. Vi ritorna nel 1982 per entrare in seminario e ci resta fino al 1984, quando rientra in Italia per terminare gli studi al seminario regionale di Assisi.
Il 12 luglio 1987 viene ordinato sacerdote a Chacas, e subito il vescovo Dante Frasinelli lo manda come parroco a Llamellin, una provincia a 3400 metri di altitudine della sierra andina, molto vasta e povera. In 25 anni di ministero accanto a Llamellin inizia altre 5 missioni (Aczo, Chambara, Chaccho, San Martin e Aco); apre 5 scuole gratuite dedicate a don Bosco, di cui 3 femminili (maglieria, tessitura e ricamo) e 2 maschili (falegnameria e muratori); un oratorio per bambini e ragazzi; una fornace che fabbrica mattoni e coppi; una stalla dove si producono latte, formaggi, yogurt e burro da vendere in zona.
Nel 2013 è stato insignito del premio “Cuore amico” a Brescia dove molti ricordano la sua testimonianza e la vicinanza a padre Daniele Badiali, altro missionario faentino in Perù, in procinto di essere beatificato.
Padre Giorgio consegna anche una grande eredità: aver speso la sua vita a cercare il Signore nei poveri e con i poveri, come comunicava sempre ogni volta che tornava a Faenza. La sua è stata infatti una semplice e nello stesso tempo straordinaria testimonianza di carità: «coltivare il proprio desiderio di felicità, cercare il senso profondo della vita, spendersi per gli altri”. La sua scomparsa ha addolorato profondamente la comunità cattolica e quanti lo conoscevano».
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